Durante il CVIII Congresso Nazionale SIOeCHC è stato evidenziato come, nel 2021, 6milioni di italiani – circa 1 ogni 10 – siano stati visitati in un ambulatorio di Otorinolaringoiatria del Servizio Sanitario Nazionale. Nello stesso anno si sono registrati 230mila interventi chirurgici, alcuni dei quali ad altissima complessità; 136mila nuovi ricoveri e 9.900 nuove diagnosi di tumori testa-collo, con prevalenza maschile (2,5:1 il rapporto uomini/donne), di cui circa l’80% ha possibilità di sopravvivenza a 5 anni se non sono coinvolti i linfonodi, ma pur sempre circa 4mila decessi. Riguardo ai 6milioni di italiani visitati, si ritiene che possano essere almeno il doppio, considerando quelli non tracciabili poiché si sarebbero rivolti a strutture private. Numeri importanti, se si pensa che in Italia sono circa 6mila i medici otorini, 2mila dei quali iscritti alla Società Italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-facciale. Va detto che i problemi legati all’udito continuano a essere generalmente sottovalutati: solo il 30% degli italiani effettua regolarmente dei controlli specifici e trascorrono mediamente circa 7 anni tra la presa di consapevolezza del disturbo e l’adozione di una soluzione acustica. Secondo l’OMS, l’ipoacusia o calo dell’udito interessa circa 500milioni di persone al mondo, di cui oltre 7milioni solo in Italia, con un’incidenza del 12% e, tra gli over65, il problema interessa 1 persona su 3.
Tra le novità discusse nel congresso, l’impianto cocleare personalizzato rappresenta bene l’evidenza di una medicina di precisione legata al benessere del paziente: “Per capirci, se finora sono stati impiegati elettrodi standard di unica misura e validi per tutti, dai bambini agli anziani, si afferma oggi l’approccio, sostenuto da importanti e numerose evidenze cliniche e scientifiche, dove si va a scegliere il modello, la dimensione, la lunghezza dell’impianto adattandolo al singolo caso”, spiega il prof. Domenico Cuda, presidente SIO. “In questo modo, utilizzando elettrodi di lunghezza diversa commisurati alle singole dimensioni della coclea, andiamo a migliorare le possibilità di stimolazione dei tessuti neurali residuali del paziente in esame.”
“[Occorre] rafforzare strategie oncologiche in ambito testa collo sempre più orientate alla ricostruzione, la preservazione della funzione precedente al danno e che favoriscano un migliore ed apprezzabile impatto sulla qualità di vita, dopo approcci oncologici del recente passato per lo più demolitivi”, prosegue Cuda. “Per esempio, il miglioramento dei percorsi di gestione dei noduli della tiroide e delle patologie tiroidee che pure sono di pertinenza otorinolaringoiatrica. Ma anche il perfezionamento della robotica per accedere e intervenire con modalità mininvasive, in aree difficili da trattare come l’orofaringe, la base della lingua, i seni piriformi così da consentire asportazioni di lesioni senza dover demolire o fare incisioni aperte, migliorando invece gli esiti.”
La centralità del distretto testa collo afferma l’urgenza di sviluppare competenze interdisciplinari per giungere a diagnosi precoci. “Effettivamente, si tratta di un’area molto complessa e sensibile dove l’atto chirurgico che spesso noi otorinolaringoiatri andiamo a compiere modifica funzioni essenziali per la nostra qualità di vita personale e interpersonale come la deglutizione, la fonazione, la respirazione, l’udito”, dichiara il prof. Michele Barbara, presidente Associazione Otorinolaringoiatri Ospedalieri Italiani AOOI. “Perciò il futuro dell’otorinolaringoiatria non può non stare nell’interdisciplinarietà che favorisce la formulazione, per esempio, di una diagnosi precoce. Puntare ad una diagnosi precoce significa ispirarsi ad un intervento mininvasivo e in questo congresso sono state presentate numerose tecnologie a supporto. Per esempio, grazie ad esse, i tumori del cavo orale alla base della lingua e della laringe si possono oggi operare per via trans-orale utilizzando la sua via naturale d’accesso, la bocca, mentre fino a poco tempo fa per giungere alla sede del tumore c’era la necessità di un approccio esclusivamente demolitivo danneggiando senza ritorno più tessuti sani, quali la cute, la sottocute, la faringe, la mandibola.”
La pandemia da Covid-19 è stata per 2 anni un’esperienza drammatica che ha coinvolto l’intera classe medica sovraimpegnando alcune specialità da una parte e cancellando numeri importanti di visite mediche in presenza per altre specialità mediche, dall’altra. A parziale rimedio di queste mancate erogazioni di prestazioni sanitarie si è accelerato il processo di digitalizzazione della sanità grazie all’avvio di piattaforme di assistenza sanitaria a distanza, la telemedicina. “Un esempio significativo di telemedicina in otorinolaringoiatria è stato quello messo in atto in Regione Lombardia e che ha visto la riabilitazione dei portatori di protesi acustiche impiantabili o di impianti cocleari per sordità profonde”, afferma il prof. Giovanni Danesi, presidente eletto SIOeCHCF. “Questi pazienti hanno potuto usufruire di un protocollo riabilitativo a distanza, in telemedicina, efficiente ed efficace e, dal nostro punto di vista di medici otorinolaringoiatri, ciò ha rappresentato un punto di svolta imprescindibile nel prossimo futuro. La configurazione del servizio vede la presenza di un logopedista o terapeuta riabilitatore in collegamento digitale e video con l’ingegnere clinico che governa il setting, l’hardware, dell’impianto, e contemporaneamente con il paziente al quale lo stesso logopedista effettua una serie di test, misurandone e valutandone le risposte. In breve, un rapporto a tre ad altissimo impatto tecnologico e di risultato, ma a distanza, con innegabili vantaggi del paziente soprattutto quando anziano.”
Tra le patologie discusse al Congresso, trovano particolare attenzione le cosiddette ipoacusie e acufeni, che certamente non possono chiamarsi “minori” nel momento in cui si rapportano alla qualità di vita di chi ne soffre. Oggi, gli otorinolaringoiatri visitano mediamente 6 milioni di cittadini all’anno di cui la metà per patologie otologiche. “L’acufene viene considerata una patologia cronica che non si cura oppure si cura male. Invece, va detto che almeno il 90% dei pazienti possono risolvere il problema grazie ad una diagnosi precoce”, spiega Barbara. “Le terapie dipendono poi dall’eziologia dell’acufene, se è periferica o centrale. È vero che l’acufene origina dall’orecchio ma il punto è che, dopo un po’ di tempo, il suono o il rumore che il paziente sente va nella memoria dei suoni. Esattamente come accade per la memoria visiva, olfattiva, gustativa gli organi di senso uditivo hanno anch’essi una memoria tramite la quale ricordiamo la voce di un nostro caro o di un cantante. In breve, dopo alcuni mesi, l’acufene da suono periferico migra nella memoria acustica e questo spiega la difficoltà di eliminare il suono, una volta memorizzato in sede centrale. S’interviene, comunque, efficacemente con terapie di tipo medico, psicologiche, vascolari e, oggi, anche con elettrostimolazioni. La terapia migliore rimane il mascheramento sonoro senza andare a ricercare quel suono perché ogni volta che lo si va a cercare, si riattiva il ricordo nella memoria acustica.”
“Se nell’immediato futuro della professione medica possiamo senz’altro ottimizzare e facilitare una serie di prestazioni sanitarie con la digitalizzazione, con la telemedicina, con l’implementazione dei sistemi informativi e lo scambio d’informazioni reso fruibile per più soggetti, non dobbiamo né possiamo dimenticare che l’intero sistema non può prescindere dall’implementazione di risorse umane”, conclude Giovanni Danesi, presidente eletto SIOeCHCF. “Il rischio che non dobbiamo correre è quello di andare incontro ad un impoverimento degli operatori sanitari, conseguente ad una sostituzione, non pianificata area per area, della risorsa umana con quella digitale. Manteniamo un equilibrio – è questo il mio appello – dove il digitale sia considerato e visto come un affiancamento, un potenziamento del capitale umano e non altro. Mai come oggi servono medici, infermieri, tecnici, operatori sanitari e va dato atto al Ministero della Salute di aver intrapreso poco tempo fa la strada giusta, aumentando considerevolmente il numero e la disponibilità finanziaria per le borse specialistiche – di cui registriamo, per la parte di otorinolaringoiatria, un deciso trend di crescita di giovani specializzandi negli ultimi 5 anni.”