Addio sacchetti e nefrostomie, arriva il bypass mininvasivo dell’uretere

Non si sa quanti siano in Italia i portatori di nefrostomia, vale a dire quanti pazienti si siano sottoposti all’intervento con il quale l’urina che si forma all’interno di un rene viene riversata all’esterno del corpo attraverso un tubicino che termina in un piccolo sacchetto contenitore. Una cosa invece è nota: la vita di queste persone è devastata dall’ansia legata al piccolo dispositivo che mai può essere abbandonato; alla sua possibile dislocazione, che richiede procedure d’urgenza per il suo riposizionamento; al timore di un’infezione (il catetere che fuoriesce dal fianco può essere da porta di ingresso per malevoli batteri); alla tenuta del sacchetto e alla necessità, ogni circa 3-6 mesi, di rinnovare la nefrostomia stessa, con pesanti ripercussioni sulle relazioni personali, in ambito sia privato sia pubblico.

Oggi una soluzione definitiva al problema sta anche nelle mani di un chirurgo urologo, Ioannis Kartalas Goumas, e dell’intervento da lui praticato (tra i pochi chirurghi in Italia e in Europa): il bypass dell’uretere, posizionando un canale che collega il rene con la vescica. Goumas, nato ad Atene nel 1968, laureato e specializzato in Urologia a Milano, è dallo scorso anno Primario di Urologia all’Istituto clinico Beato Matteo di Vigevano. Vanta una casistica importante con oltre 4mila interventi svolti con le più innovative tecniche mininvasive endo-urologiche, laparoscopiche e laser per il trattamento dei tumori urologici, della calcolosi urinaria complessa e dell’ipertrofia prostatica benigna. “Oggi la soluzione più avanzata per liberarsi definitivamente dalla nefrostomia, cioè dal sacchetto, è il bypass ureterale Detour”, dichiara Goumas. “Una tecnica mininvasiva basata sull’impianto sotto la cute di un dispositivo protesico biocompatibile, un tubicino che mette in comunicazione diretta il rene con la vescica bypassando l’uretere ostruito. In questo modo si ripristina il passaggio delle urine prodotte dal rene alla vescica, dove vengono eliminate come avviene fisiologicamente. Il bypass, oltre a liberare il paziente dalla schiavitù del sacchetto di raccolta delle urine, effettua un efficace drenaggio, garantendo il mantenimento di una buona funzionalità renale. L’impianto dall’esterno è impercettibile.”

Nel Centro urologico vengono trattate situazioni molto complesse in cui l’uretere lesionato impedisce il normale flusso dell’urina verso la vescica. “Data la sua posizione anatomica, l’uretere può infatti essere danneggiato nel corso di operazioni chirurgiche che non lo riguardano direttamente, come l’asportazione di tumori (colon, retto, vescica, utero e ovaio) o a seguito di radioterapia”, spiega Goumas, che prima di impegnarsi in Italia, si è perfezionato all’Università di Magdeburgo in Germania, che detiene il record mondiale di interventi di questo tipo. Dopo essersi recato in Svezia e Danimarca nelle vesti di tutor, con questi Paesi, oltre a Germania, Polonia e Milano, sta nascendo una rete internazionale per l’insegnamento e la diffusione della metodica.

“L’intervento consiste nell’escludere dal circuito urinario l’uretere lesionato con una sorta di catetere definitivo. Il tubicino del bypass viene inserito, con una piccola incisione di circa 2-3 cm, sul fianco e direttamente nel rene e raggiunge attraverso un tunnel sottocutaneo la vescica, dove viene fissato. In questo modo l’urina prodotta nel rene viene veicolata direttamente nella vescica e da qui sarà poi espulsa”, spiega Goumas. L’intervento, a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale, si effettua in anestesia totale, dura circa 2 ore e richiede 5-6 giorni di degenza.