Un vissuto pesante quello delle persone affette dal tumore al pancreas. Una narrazione che porta alla luce emozioni e bisogni insoddisfatti di indicibile impatto, a causa della complessa gestione della patologia, della sintomatologia vaga e aspecifica, che non consente di effettuare una diagnosi precoce, portando a un tasso di sopravvivenza basso. Si snoda nell’ambito di molteplici problematiche lo studio Gli Unmet Need nell’Adenocarcinoma al Pancreas: un’Analisi a 360° con il Paziente al Centro che ISHEO, società di ricerca e valutazione economico-sanitaria, ha realizzato con il Patrocinio di FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e delle Associazioni dei Pazienti Codice Viola e Nastro Viola, da sempre impegnate su questa patologia, con il contributo incondizionato di Servier. Dall’analisi, si apre una disamina dello stato dell’arte sulla diagnosi, la presa in carico del paziente da parte del Servizio Sanitario Nazionale e la qualità della vita dei pazienti affetti da tumore al pancreas, evidenziando i possibili interventi di natura organizzativa e di policy.
Quello che emerge è che il tumore del pancreas è uno dei più aggressivi: la malattia rimane asintomatica per lungo tempo, tanto che solo nel 7% dei casi viene diagnosticata in stadio iniziale e circa l’80-85% delle forme tumorali risulta non resecabile al momento della diagnosi. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni è pari soltanto all’8% in Italia e a circa il 6% nel mondo. Tra tutti i tumori che colpiscono il pancreas, l’adenocarcinoma è il tipo più comune. I dati dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) del 2018 riportano una prevalenza annua della patologia di 22mila casi (1% di tutti i pazienti oncologici) ed una incidenza di 13.300 casi, pari al 3% dell’incidenza di tutti i tumori. Quest’ultimo parametro risulterebbe in crescita nel 2019 (13.500 casi), tendenza che se confermata porterebbe l’adenocarcinoma pancreatico al secondo posto in termini di mortalità tra tutti i tipi di tumori nel 2030.
Le sfide più grandi che emergono dal Report sono rappresentate dai fattori di rischio e dall’aspecificità dei sintomi che non consentono di effettuare una diagnosi precoce; la maggior parte dei casi di adenocarcinoma giunge infatti ad una prognosi quando il tumore è in fase avanzata. Una lotta contro il tempo che costringe pazienti, caregiver e medici a far fronte ad una complicatissima gestione. La resezione chirurgica è l’unico trattamento potenzialmente curativo, anche se meno del 20% dei pazienti è candidabile alla chirurgia con intento curativo, con un tasso di sopravvivenza globale a 5 anni dall’operazione che non supera il 20%. La chirurgia resettiva è la più complicata tra tutte, gravata dal maggior tasso di complicanze post-operatorie, necessita di Centri ad alta specializzazione e ad alto turnover con un’équipe altamente preparata e multidisciplinare, che oltre ai chirurghi includa il radiologo interventista, l’endoscopista, il team di terapia intensiva per gestire le fasi intra e post-operatoria.