La malnutrizione è spesso l’elemento più importante per cui non si sopravvive alle cure oncologiche. La malnutrizione calorico-proteica è un processo reversibile e il suo trattamento permette al paziente di affrontare la malattia nelle migliori condizioni possibili, aumentando le probabilità di sopravvivenza. “È di difficile comprensione capire come mai la valutazione nutrizionale dei malati di tumore (che in oltre il 50% dei casi già al momento della diagnosi mostrano una perdita di peso del 5%) sia considerata facoltativa e lasciata alla buona volontà di qualche oncologo preparato”, dichiara Maurizio Muscaritoli, presidente Sinuc, Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo. “È ancor più sorprendente che in alcuni casi l’opportunità di avviare il paziente a uno screening nutrizionale non sia parte di una buona pratica consolidata, ma affidata a personale non medico; situazione aggravata dal fatto che sul territorio sembrano esistere 20 sistemi sanitari che non garantiscono uniformità degli standard di prestazione. Ma se è vero che 1 paziente su 5 non sopravvive alle cure oncologiche a causa delle conseguenze della malnutrizione, ecco che si configura un vero e proprio paradosso.”
Come avviene in molte parti del mondo, contestualmente all’elaborazione del piano terapeutico e della terapia di prima linea (chirurgia, chemio o radio), andrebbe studiato il piano nutrizionale di primo livello che può prevedere la prescrizione di supplementi orali. Le cure infatti possono avere effetti diretti su appetito e capacità di alimentarsi. In una percentuale variabile di casi possono essere messi in atto interventi nutrizionali avanzati come uso di nutrienti specifici, nutrizione enterale o parenterale. La valutazione nutrizionale è un percorso a tappe che prevede l’utilizzo di strumenti e scale per lo screening, oltre a regolari annotazioni sulla cartella clinica di altezza, peso, indice di massa corporea, variazioni del peso e apporto nutrizionale.