Aneurisma dell’arco aortico. “A Modena, applicata per la prima volta in Italia una nuova endoprotesi”

Pochi giorni fa, presso la Sala Ibrida dell’Ospedale Civile di Baggiovara, è stato portato a termine il primo trattamento completamente endovascolare di aneurisma dell’arco aortico con un’innovativa endoprotesi impiegata per la prima volta in Italia. L’intervento, della durata di circa 3 ore, si è svolto senza criticità; al temine della procedura, il paziente è stato monitorato qualche ora ed è subito rientrato in reparto senza complicanze. La protesi utilizzata è stata prodotta su misura del paziente a Shanghai; prima d’ora, ne erano state impiantate solamente altre 14 al mondo, nessuna nella Comunità Europea, informa la Struttura. “Ancora una volta la Chirurgia Vascolare dell’AOU di Modena si è dimostrata leader nel trattamento mininvasivo della patologia aortica in tutti i sui distretti e pioniera nell’utilizzo delle più innovative tecnologie”, dichiara il direttore generale, Claudio Vagnini. “L’arco aortico – spiega il prof. Roberto Silingardi, direttore della Chirurgia Vascolare – rimane l’ultima frontiera della chirurgia vascolare e diverse Aziende stanno proponendo dispositivi sempre più innovativi per questa patologia. L’endoprotesi scelta per questo caso combina le più recenti tecnologie al fine di poter trattare un distretto, fino pochi anni fa di competenze esclusivamente cardiochirurgica.”

L’intervento è stato portato a termine grazie alla collaborazione tra l’équipe di Chirurgia Vascolare (composta da Stefano Gennai, Giuseppe Saitta, Giulia Trevisi Borsari, Francesco Andreoli e Luigi Alberto Maria Bartolotti) insieme al dott. Paolo Magnavacchi, della Cardiologia Interventistica, diretta da Stefano Tondi, e alla dott.ssa Lina Pietropaoli, dell’Anestesia e Rianimazione, diretta da Lesley De Pietri, in concerto con il personale infermieristico ed i tecnici di radiologia del blocco operatorio. “Il lavoro di équipe è stato sicuramente la chiave vincente”, dichiara De Pietri. “Le competenze ultra specialistiche in ambito anestesiologico che vanno incontro alle esigenze chirurgiche hanno reso possibile una procedura complessa con la minima invasività. La presa in carico del paziente inizia dalla valutazione pre-operatoria, continua con l’ottimizzazione delle funzioni vitali in previsione dell’intervento e prosegue per tutta la procedura chirurgica e nella fase post-operatoria, durante il ricovero in Terapia Intensiva. Per questo tipo di interventi, il monitoraggio avanzato intra-operatorio mediante ecografia transesofagea e l’assistenza postoperatoria in Terapia Intensiva rappresentano i presupposti essenziali per la buona riuscita di un intervento chirurgico di tale complessità.”

“La procedura è stata effettuata per trattare un grosso aneurisma dell’arco aortico in un paziente 80enne, non candidabile a chirurgia open (a cielo aperto, ndr)”, spiega Gennai. “La chirurgia dell’arco risulta infatti gravata da importanti tassi di mortalità anche in pazienti giovani e sarebbe proibitiva in casi come questo. Per tale motivo, ci siamo avvalsi delle più recenti tecnologie per portare a temine un delicato intervento mininvasivo, che ci ha permesso di correggere completamente l’aneurisma del paziente con solo 3 piccole incisioni di circa 10cm.”

“Questo nuovo device, peraltro unico applicabile all’anatomia del paziente, si è dimostrato estremamente performante e ci ha permesso di portare a termine un intervento ad altissima complessità tecnica senza particolari complicanze”, dichiara Saitta. “La collaborazione del collega Cardiologo e della collega Anestesista sono inoltre stati fondamentali per garantire la massima precisione possibile nel posizionare la protesi: per alcuni secondi il battito è stato artificialmente accelerato, simulando un arresto cardiaco, e la pressione abbassata, al fine di ridurre al minimo il rischio di errori durante la delicata fase di rilascio.”

“Il battito cardiaco è stato accelerato tramite il posizionamento di un pacemaker temporaneo, rendendo cosi il cuore immobile con il fine ultimo di un corretto e preciso posizionamento dell’endoprotesi”, spiega
Magnavacchi. “Il pacemaker è stato rimosso al termine della procedura, senza complicanze.”

“Le competenze acquisite nel corso degli anni dal personale infermieristico operante in Sala Ibrida hanno consentito un lineare andamento di tutte le fasi dell’intervento e hanno dato una garanzia di affidabilità e professionalità a tutta l’équipe”, conclude Filippi. “L’avvento delle innovative tecniche chirurgiche ha favorito una iper specializzazione degli Infermieri, che grazie a percorsi formativi e ad aggiornamenti sul campo risultano essere sempre più determinanti per la buona riuscita delle attività di sala operatoria.”