Anoressia nervosa. “Studio italiano identifica 3 fattori che predicono la risposta alla terapia”

L’anoressia nervosa è una delle patologie più complesse e gravi, con un impatto significativo sulla salute fisica e psicosociale e con tassi di mortalità tra i più alti in ambito di salute mentale. Uno studio italiano aggiunge un tassello importante per contribuire a identificare per tempo i pazienti più a rischio e prevedere l’andamento della terapia. Condotta presso la Casa di Cura Villa Garda (VR), la ricerca ha analizzato i dati di 421 pazienti con anoressia nervosa trattati con la terapia cognitivo comportamentale migliorata CBT-E residenziale intensiva, un approccio terapeutico, validato scientificamente, pensato per coinvolgere attivamente il paziente in tutte le fasi del trattamento.

Coordinato dalla dott.ssa Simona Calugi, psicologa e psicoterapeuta e responsabile della ricerca clinica presso il centro, e dal dott. Riccardo Dalle Grave, responsabile dell’Unità di Riabilitazione per i Disturbi dell’Alimentazione, lo studio è stato recentemente pubblicato sull’International Journal of Eating Disorders. Il programma terapeutico basato sulla CBT-E intensiva si articola in 2 fasi: 13 settimane di ricovero residenziale, seguite da 7 settimane di day hospital. Durante tutto il percorso, l’enfasi è posta sul coinvolgimento attivo del paziente e sull’identificazione e la modificazione con un approccio personalizzato e flessibile dei meccanismi che mantengono la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione che opera nel paziente.

“Non si tratta di un trattamento imposto e direttivo”, dichiara Calugi. “È fondamentale che il paziente sia partecipe, consapevole e attivamente ingaggiato. Proprio per questo, prima dell’inizio del ricovero sono previste alcune sedute preparatorie, in cui si aiuta il paziente a comprendere in modo personalizzato i processi psicologici che mantengono il suo disturbo dell’alimentazione, per essere nella posizione migliore per valutare i pro e i contro di affrontarli. Nel caso decida di farlo, al paziente è chiesto di considerare il trattamento come una priorità e di svolgere un ruolo attivo nel trattamento.”

CHI RISPONDE MEGLIO ALLA TERAPIA?

Oltre l’80% dei pazienti ha raggiunto un peso corporeo nella norma al termine del trattamento, e più del 60% ha ottenuto una remissione dal disturbo completa, ovvero una condizione caratterizzata da un peso sano e una significativa riduzione dei sintomi psicopatologici legati all’anoressia nervosa. A 20 settimane dal termine, circa il 60% dei pazienti ha mantenuto i risultati raggiunti. La ricerca ha individuato 3 fattori predittivi, fondamentali per il successo terapeutico:

  • Indice di massa corporea iniziale più elevato. I pazienti che iniziano il trattamento con un indice di massa corporea più alto hanno maggiori probabilità di migliorare;
  • Minor gravità della psicopatologia alimentare. Misurata attraverso strumenti psicodiagnostici, è un forte predittore di buona risposta al trattamento;
  • Miglioramento precoce. I pazienti che mostrano progressi evidenti durante il trattamento, soprattutto in termini di aumento del peso e riduzione della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione, hanno maggiori chance di successo a lungo termine.

“Questi dati sono preziosi per il clinico”, afferma Dalle Grave. “Ci permettono di individuare per tempo chi potrebbe aver bisogno di un supporto più mirato e intensivo e di ottimizzare l’uso delle risorse disponibili. Inoltre, suggeriscono di considerare un trattamento residenziale quando la risposta al trattamento ambulatoriale è insoddisfacente e prima che la persona arrivi a un peso molto basso.”

Lo studio sottolinea l’importanza di un intervento riabilitativo intensivo tempestivo, quando il disturbo non ha ancora compromesso gravemente il corpo e la mente. Ma anche l’urgenza di approcci più personalizzati, in grado di adattarsi alle specificità di ciascun paziente. “Non esiste un solo modo di curare l’anoressia nervosa ma – conclude Calugi – sappiamo che iniziare presto e costruire un percorso su misura può fare la differenza.”