Le malattie osteoarticolari rappresentano una patologia degenerativa che colpisce oltre 1/5 (22%) della popolazione europea. Affiora all’evidenza clinica quando compare il dolore, che induce il paziente a rivolgersi al medico. Un recente articolo, Osteoarticular Pain: Therapeutic Approach by Paradigms, realizzato con il supporto incondizionato di Molteni Farmaceutici e condotto da un gruppo multidisciplinare di specialisti in Ortopedia, Fisiatria, Reumatologia, Terapia del dolore e Farmacologia, si è posto l’obiettivo di semplificare l’approccio al dolore dell’apparato locomotore partendo dal concetto di “paradigma”: l’approccio paradigmatico si distingue perché aggiunge alle informazioni sulla patologia osteoarticolare una visione globale del paziente, guidata dalle sue condizioni generali. Per questo motivo, “il paradigma può rivelarsi come il percorso più appropriato per una migliore e più efficace comprensione del sintomo doloroso e per guidare il clinico nella scelta della terapia più adeguata, farmacologica e non”.
Nello specifico, il paradigma è stato costruito individuando 4 tipi di pazienti con dolore osteoarticolare: traumatologico; post-chirurgico; ortopedico e reumatologico. Per definire il paradigma generale sono stati presi in esame il tipo di dolore, acuto o cronico e le caratteristiche del dolore, infiammatorio, meccanico, neuropatico o nociplastico. Il risultato sono tabelle che lo specialista può consultare per prendere la migliore decisione terapeutica, combinando queste informazioni con un’analisi correlata al singolo paziente, alle sue condizioni generali, comprese eventuali comorbidità o politerapie, al fine di giungere a un trattamento personalizzato e sicuro che tenga in considerazione ogni singolo elemento clinico. È emerso che terapie che combinano soluzioni farmacologiche e non, oppure farmaci e tecniche interventistiche, possono fornire un maggior sollievo dal dolore con minori effetti indesiderati. In diverse patologie caratterizzate da dolore sia acuto che cronico, l’oppiaceo short acting, anche in associazione con un analgesico non oppioide, si è rivelata un’opzione terapeutica efficace. Lo studio è stato pubblicato su European Review for Medical and Pharmacological Sciences.