
Da tempo è noto il ruolo della familiarità nell’artrite reumatoide (AR) della quale essa rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per lo sviluppo della malattia. Tuttavia i fattori genetici e ambientali, che sottendono alla malattia, possono spesso essere condivisi dai membri di una stessa famiglia. È quanto sostengono alcuni ricercatori che hanno pubblicato un articolo su Arthritis Reumatol. Lo scopo di questo studio è stato comprendere in che misura l’aggregazione familiare dell’AR sieropositiva e sieronegativa possa essere spiegata dai fattori di rischio genetici e ambientali già noti per l’AR. Per questo gli autori hanno raccolto i dati provenienti da diversi registri nazionali svedesi e fatti confluire nello studio caso-controllo EIRA (Epidemiological Investigation of Rheumatoid Arthritis) avviato nel 1996, in cui i controlli sono costituiti da soggetti selezionati casualmente ma appaiati per età, sesso e area di provenienza geografica. I risultati sono stati non privi di significato: i fattori di rischio ambientali non spiegavano in modo significativo la familiarità né nell’AR sieropositiva né nella forma sieronegativa, mentre i fattori genetici decifravano solo una piccola parte del rischio dell’AR sieropositiva. E questo risulta molto importante in quanto il riconoscimento di questo concetto potrebbe ridimensionare il ruolo della familiarità e indurre a rivedere i dati attuali che la considerano responsabile di un aumento del rischio di sviluppare l’AR di circa 3-5 volte. È probabile infatti che la quota di risultati spiegabili aumenti con la definizione delle interazioni dei singoli fattori di rischio, ma questi dati suggeriscono che molti fattori di rischio familiari, soprattutto per l’AR sieronegativa, devono ancora essere identificati. Nell’attesa di avviare studi eziologici, la familiarità per l’AR rimane un importante fattore di rischio clinico indipendente che al momento non può essere sostituito dai fattori di rischio noti.