Disponibile anche in Italia la prima immunoterapia antitumorale anti-PD-L1 per iniezione sottocutanea (SC) per il trattamento di diversi tipi di tumori. L’anticorpo monoclonale atezolizumab sottocute, sviluppato da Roche, ha ottenuto la rimborsabilità di Aifa, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dopo essere stato approvato a gennaio 2024 dall’Ema. Atezolizumab, fino ad oggi somministrato tramite un’infusione endovenosa (EV) di 30-60minuti, è ora a disposizione in una nuova formulazione sottocutanea approvata per le stesse indicazioni, riducendo però il tempo di trattamento a soli 4-8 minuti. “Nell’ambito del tumore al polmone, atezolizumab viene utilizzato nell’immunoterapia di prima linea del carcinoma a piccole cellule in fase avanzata insieme alla chemioterapia, nell’immunoterapia singola di prima linea per pazienti con NSCLC e iper-espressione del PD-L1, nella terapia di seconda linea per pazienti NSCLC dopo precedente chemioterapia a base di platino e nella terapia adiuvante dopo chirurgia nei pazienti NSCLC, sempre con iper-espressione del PDL1”, dichiara Filippo de Marinis, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Toracica AIOT, direttore Divisione di Oncologia Toracica, IRCCS Istituto Europeo di Oncologia di Milano. “L’autorizzazione di Aifa permette ora la somministrazione sottocute di atezolizumab in 7 minuti (in media, ndr), creando un vantaggio in termini di semplificazione sia per il paziente che per la Struttura sanitaria, perché garantisce una maggiore efficienza e sostenibilità gestionale, rendendo il trattamento più compatibile con le dinamiche del day hospital. I risultati degli studi IMscin001 e IMscin002 hanno dimostrato la stessa efficacia e sicurezza della formulazione sottocute rispetto a quella endovena, con una forte preferenza dei pazienti e degli operatori sanitari.”
L’approvazione si basa sui dati degli studi globali IMscin001 e IMscin002: il primo ha confermato il profilo di sicurezza ed efficacia di atezolizumab SC in linea con la formulazione EV, evidenziando inoltre come il 90% degli operatori sanitari coinvolti nello studio ritenga la formulazione SC facile da somministrare e il 75% rilevi un potenziale risparmio di tempo nell’organizzazione sanitaria, rispetto alla formulazione EV; dal secondo emerge invece come la maggior parte dei pazienti oncologici preferisca l’iniezione sottocutanea all’infusione endovenosa. “I grandi vantaggi dell’utilizzo del trattamento si riscontrano in termini di preferenza del paziente e di organizzazione del Sistema Sanitario”, afferma Federico Cappuzzo, direttore di Oncologia Medica 2, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma. “Gli studi clinici hanno dimostrato che i pazienti preferiscono la modalità sottocute (71% secondo lo studio IMscin002), trovandola più confortevole e meno invasiva. D’altro canto, anche le strutture sanitarie possono trarre enormi benefici da questa opzione. Grazie al tempo di somministrazione, che è molto più breve rispetto all’infusione endovenosa, è possibile trattare un numero maggiore di pazienti. Questo non solo migliora l’efficienza organizzativa, ma risulta essere un aspetto molto apprezzato dai pazienti stessi, che traggono vantaggio da un trattamento più rapido e meno impegnativo.”
Tra i tumori trattabili con atezolizumab SC figura anche il carcinoma epatocellulare. “Il tumore al fegato è il nono tumore per incidenza in Europa e solo in Italia ci sono più di 33mila persone che convivono con questa malattia”, dichiara Massimo Iavarone, professore associato di Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Milano. “La gestione di questa neoplasia richiede un approccio multidisciplinare. Per i pazienti con epatocarcinoma negli stadi più avanzati di malattia l’arrivo di una innovativa terapia negli ultimi anni ha rivoluzionato il loro trattamento con risultati fino a pochi anni fa impensabili in termini di risposta al trattamento e tollerabilità. Il limite è che la terapia combinata richiede un lungo tempo per i pazienti. L’arrivo della somministrazione sottocutanea rappresenta un cambiamento per la qualità di vita dei pazienti che vedono una riduzione del tempo di cura. La diminuzione dei tempi rappresenta un vantaggio non solo per i pazienti, ma permette di trattare più persone, circa il 50% in più, in 1 sola giornata. Se si considera inoltre il benessere dei pazienti, soprattutto per coloro che devono eseguire trattamenti combinati, poter effettuare 1 sola somministrazione endovenosa ed 1 sottocutanea può rappresentare un miglioramento, poiché questo tipo di trattamento è meno invasivo e più tollerabile.”
“Richiedendo pochi minuti, la somministrazione sottocute permette all’Infermiere di concentrarsi interamente sul paziente, favorendo ascolto, dialogo e un rapporto più umano”, afferma Gianluca Falcone, infermiere SSD Oncologia Medica, AOU Policlinico L. Vanvitelli di Napoli. “Il trattamento può essere, inoltre, dispensato in spazi più riservati rispetto alle tradizionali poltrone infusionali e questo rende l’esperienza meno stressante e più confortevole. L’organizzazione all’interno dei day hospital diventa più snella ed efficiente e questo cambiamento genera ulteriori benefici anche per caregiver e familiari, riducendo il peso degli aspetti tecnici e regalando tempo prezioso da dedicare alla vita e agli affetti.”
“Sostenere la qualità della vita è di centrale rilevanza per la cura dei malati oncologici”, afferma Francesco De Lorenzo, presidente della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia FAVO. “Lo ha chiaramente sancito nel 2021 la Commissione EU, lanciando la Mission on Cancer, che si basa su 3 Pilastri: prevenire tutto il prevenibile; ottimizzare diagnostica e trattamenti; migliorare la qualità della vita, anche per assicurare alle persone guarite dal cancro il ritorno all’attività produttiva. I malati di cancro si aspettano, al più presto, dalla ricerca farmacologica più farmaci innovativi, una riduzione degli effetti collaterali ed anche una semplificazione delle modalità della somministrazione. La recente approvazione di atezolizumab rappresenta un passo avanti in questa direzione.”
“Siamo di fronte ad uno scenario in cui le patologie oncologiche mostrano una tendenza all’aumento: le stime prospettano che ci saranno 27,5milioni di casi nel mondo entro il 2040”, dichiara Anna Maria Porrini, direttore medico Roche Italia. “Grazie alle innovazioni terapeutiche introdotte, molti pazienti sopravvivono più a lungo e questo comporta un approccio diverso e più articolato da parte dei Sistemi Sanitari, incluso quello italiano. Numerosi farmaci antitumorali prevedono oggi una somministrazione endovenosa, che richiede tempo e una specifica gestione all’interno degli ospedali. Per questo, in Roche stiamo focalizzando gli sforzi della nostra ricerca non solo sulla scoperta di nuove molecole ma anche sull’innovazione tecnologica, tra cui lo sviluppo di nuove formulazioni sottocute, che possono contribuire a migliorare l’esperienza di cura, sia dalla prospettiva dei pazienti che degli operatori e delle organizzazioni sanitarie.”