Si tratta della prima e unica immunoterapia approvata dalla FDA che ha dimostrato un beneficio significativo in termini di sopravvivenza globale nell’ambito di uno studio di Fase III in prima linea. L’approvazione si basa sui risultati dello studio di fase III JAVELIN Bladder 100 che hanno dimostrato come il trattamento di mantenimento con avelumab, associato alla migliore terapia di supporto, permette un miglioramento significativo della sopravvivenza globale mediana, pari a 7,1 mesi rispetto alla sola BSC: 21,4 mesi (IC al 95%: da 18,9 a 26,1) rispetto ai 14,3 mesi (IC al 95%: da 12,9 a 17,9) di OS per i pazienti trattati solo con la BSC. Questo miglioramento significativo in termini statistici della OS si traduce in una riduzione del 31% di rischio di mortalità nella popolazione. La sopravvivenza globale mediana è stata calcolata dal momento della randomizzazione, dopo che i pazienti hanno ricevuto come trattamento da 4 a 6 cicli di gemcitabina in associazione a cisplatino o carboplatino per un periodo di circa quattro mesi. I risultati dello studio JAVELIN Bladder 100 sono stati presentati all’ASCO 2020 Virtual Scientific Meeting.
“Dal momento che si tratta della prima immunoterapia in grado di dimostrare un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza globale nel trattamento di prima linea del carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico, l’approvazione di avelumab da parte della FDA rappresenta uno dei progressi più significativi degli ultimi 30 anni nel paradigma di trattamento in questo setting”, dichiara Petros Grivas, MD, Ph.D., tra i principali ricercatori dello studio JAVELIN Bladder 100. “Con una sopravvivenza complessiva mediana di oltre 21 mesi, misurata a partire dalla randomizzazione, che rappresenta la sopravvivenza globale più lunga dimostrata in uno studio di Fase III nel carcinoma uroteliale avanzato, il regime JAVELIN Bladder 100, con avelumab come trattamento di mantenimento in prima linea, ha tutte le potenzialità per diventare il nuovo standard di cura. Questo grazie alla sua comprovata capacità di rafforzare il beneficio (risposta al trattamento o malattia stabile) della chemioterapia di induzione e di prolungare l’aspettativa di vita dei pazienti colpiti da questa malattia devastante.”
Attualmente la chemioterapia a base di platino è il trattamento standard di prima linea per quei pazienti eleggibili con malattia avanzata sulla base degli alti tassi di risposta iniziale. Tuttavia, per la maggior parte dei pazienti si verifica una progressione della malattia entro nove mesi dall’inizio del trattamento e solo il 5% dei pazienti con patologia metastatica alla diagnosi vive più di 5 anni.
“Molti pazienti a cui è stato recentemente diagnosticato un carcinoma uroteliale avanzato beneficiano della chemioterapia iniziale, ma ancora necessitiamo di opzioni terapeutiche che possano aiutare i pazienti a vivere più a lungo”, afferma Andrea Maddox-Smith, CEO del Bladder Cancer Advocacy Network. “Sosteniamo fortemente lo sviluppo di nuovi e promettenti trattamenti come avelumab che possano offrire speranza ai pazienti e ai loro cari.”
Per i pazienti il cui tumore non progredisce dopo la chemioterapia a base di platino, avelumab viene somministrato come trattamento di mantenimento di prima linea fino alla progressione della malattia o alla comparsa di tossicità inaccettabili. “L’approvazione di avelumab nel trattamento del tipo più comune di cancro avanzato della vescica sottolinea il nostro impegno nel promuovere l’innovazione scientifica e a voler migliorare notevolmente gli outcome per le persone con tumori genitourinari”, dichiara Andy Schmeltz, Global President, Pfizer Oncology. “Grazie a questa approvazione, abbiamo l’opportunità di cambiare radicalmente lo standard di cura di prima linea del tumore avanzato della vescica in questo setting”, commenta Rehan Verjee, President of North America and Global Head of Innovative Medicine Franchises per il business biofarmaceutico di Merck. “Il nostro obiettivo ora è quello di lavorare a stretto contatto con tutti coloro che si occupano di tumori genitourinari per garantire che questo nuovo paradigma di trattamento, che ha le potenzialità di cambiare la vita delle persone, venga rapidamente integrato nella pratica clinica.”