La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una malattia dell’apparato respiratorio caratterizzata da un’ostruzione persistente e progressiva delle vie aeree che colpisce 210 milioni di persone nel mondo – circa tre milioni di Italiani, cifra sotto stimata – destinata a diventare, nel 2030, la terza causa di morte. Questa patologia cronica non solo compromette la qualità della vita delle persone (può arrivare a essere letale) ma causa anche un sensibile aumento dei costi socio-sanitari indispensabili per la sua gestione. Analisi recenti evidenziano come la patologia riguardi persone anche al di sotto dei 65 anni, contrariamente al luogo comune per cui si manifesterebbe solo in soggetti di età avanzata.
Diagnosi differenziale, metodiche diverse dalla spirometria, approccio terapeutico sulla gestione delle comorbilità complesse come lo scompenso cardiaco nel paziente BPCO, individuazione e assunzione regolare della terapia farmacologica, (insieme al mantenimento di una regolare attività fisica) consentono al paziente di mantenere una migliore qualità della vita. Grandi passi sono stati compiuti dalla ricerca per giungere a questi traguardi: oggi il trattamento fondamentale della BPCO è la broncodilatazione, secondo quanto riportato nelle raccomandazioni nazionali e internazionali.
L’associazione di due principi attivi – indacaterolo e glicopirronio, in un’unica formulazione da assumere una volta al giorno attraverso lo stesso inalatore – consente un’azione che si sviluppa contemporaneamente con significativi vantaggi nell’efficacia terapeutica e nell’aderenza al trattamento da parte dei pazienti stessi.
“La duplice broncodilatazione indacaterolo/glicopirronio – sottolinea Francesco Blasi, Professore ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio dell’Università degli Studi di Milano – agisce sulla qualità di vita del paziente. La BPCO è una condizione patologica gravata da due problemi fondamentali per il paziente, la difficoltà ad eseguire attività fisica e le riacutizzazioni che aggravano acutamente le condizioni del paziente. La broncodilatazione, riducendo l’intrappolamento dell’aria nel sistema respiratorio, consente al paziente di respirare a volumi toracici più bassi e quindi fa sì che ci sia più riserva respiratoria per compiere lo sforzo, con miglioramento della performance del paziente. Dall’altra parte il recente studio FLAME dimostra come la duplice broncodilatazione, ottenuta combinando farmaci a lunga durata d’azione che agiscono sui due sistemi fondamentali di controllo della broncocostrizione, sia associata a una significativa riduzione delle riacutizzazioni moderate e gravi con un potenziale importante impatto nella storia naturale della malattia.”