Con il caldo il solito dilemma: quanta acqua bisogna bere?

Ogni giorno l’organismo consuma acqua attraverso respirazione, traspirazione, sudorazione, urine, feci per un totale di circa due litri, che possono aumentare o diminuire a secondo le condizioni climatiche. Ma quando i liquidi corporei diminuiscono, il nostro organismo, attraverso il centro della sete localizzato a livello cerebrale, ci stimola a bere. Ma da qualche anno i più previdenti consigliano che la quantità di acqua da assumere ogni giorno debba essere compresa tra 1,3 e 2 litri, che corrispondono rispettivamente a 6 o 10 bicchieri. Naturalmente a questa quantità di acqua andrà sommata quella contenuta negli alimenti come frutta, verdura e nelle bevande, dal tè al caffè a alle altre bibite, che secondo le proprie abitudini costituiscono un ulteriore e importante apporto di liquidi. Nonostante ciò, da qualche anno, più volte viene raccomandato di bere oltre 2 litri di acqua al giorno in quanto, secondo gli esperti, e quindi i medici, farebbe bene alla salute e anche alla linea. Ma da circa un anno, dalla Gran Bretagna arriva una voce fuori dal coro: secondo la dott.ssa Margaret McCartney si tratterebbe infatti di una strategia portata avanti dalle multinazionali che producono acqua in bottiglia, e quindi minerale, studiata per aumentare le vendite e i profitti. E il primo obiettivo della dottoressa, medico generico di Galsgow, che già aveva scritto sul British Medical Journey, era stato quello di scagliarsi contro il Sistema Sanitario Nazionale britannico (NHS) che raccomanda ufficialmente ai cittadini di consumare dai sei agli otto bicchieri di acqua al giorno: “Non solo non esistono evidenze scientifiche – aveva scritto la dottoressa – che collegano il maggior consumo d’acqua a un miglior stato di salute, ma può anche essere dannoso, quando si arriva all’eccessivo introito di acqua”. In questi casi, certamente estremi infatti si potrà verificare l’iponatremia, condizione caratterizzata da una diminuita concentrazione di sali minerali nell’organismo, dovuta al fatto che i reni non riescono a filtrare i liquidi in eccesso e che può portare, in casi estremi, a un rigonfiamento dei tessuti e del cervello.
Inoltre l’assunzione di acqua prima del pasto non aiuta a dimagrire e il British Medical Journey sfata anche questo mito. Il prof. Stanley Goldfarb, esperto di metabolismo all’Università della Pennsylvania negli Stati Uniti, esclude che bere tanto aiuti a dimagrire in quanto non esistono evidenze scientifiche che il consumo di acqua prima dei pasti, riduca l’appetito. Una riduzione dell’apporto di acqua (oltre naturalmente a quello di sale) è raccomandato negli ipertesi, nei malati renali in fase precedente alla dialisi e nei cardiopatici gravi a rischio di scompenso. Al contrario, l’assunzione di una maggiore quantità di acqua serve per coloro che producono calcoli renali al fine di diluire i sali di ossalato e fosfato di calcio, acido urico, impedire la precipitazione dei cristalli che formano il calcolo e, in altre occasioni, favorire l’eliminazione dello stesso calcolo quando questo è ancora di qualche millimetro e non ostruente. Nei casi invece di colica renale e conseguente dilatazione del rene a causa di una ostruzione completa, provocata dal calcolo nell’uretere, allora sarà opportuno diminuire l’apporto di liquidi in quanto potrebbe aumentare il dolore e la dilatazione, fino a stravasi di urine dal rene. Naturalmente bisogna bere molto anche nelle infezione urinaria ricorrente come le cistiti, le cistopieliti e le escursioni in alta quota, in quanto si perdono liquidi con una maggiore produzione di urine e una aumentata respirazione. Ma attenzione anche alle persone anziane: queste bevono poco a causa della bassa sensibilità delle papille linguali con pericolo di disidratazione, specialmente nella stagione estiva. Infine quale acque minerali consumare? Le oligominerali, a basso contenuto di calcio, sodio e magnesio, sono indicate nei produttori di calcoli renali e ipertesi. Le acque a maggiore contenuto di sali minerali e oligoelementi, sono consigliate nei bambini, donne gravide e anziani.