Campagna d’informazione sull’angioedema ereditario

“Avevo 18 anni mi davano quasi per spacciato. Avevo l’angioedema ereditario ma non avevo una diagnosi, non sapevo cosa fosse. Poi con la diagnosi la mia vita è cambiata, finalmente ho ricevuto un piano terapeutico e una cura. Ho iniziato a lavorare e a condurre una vita normale”. Questa è la storia di Alessandro, affetto da angioedema ereditario; si tratta di una malattia che in Italia colpisce circa 1000 persone. La patologia è gravemente disabilitante e, se non diagnosticata, può essere molto pericolosa. È infatti caratterizzata da edemi (gonfiori) su pelle, mucose e organi interni. Può interessare anche le vie aeree superiori, con conseguenze potenzialmente drammatiche. Per questo motivo Osservatorio Malattie Rare lancia oggi la campagna “Angioedema Ereditario: Conoscerlo per Comprenderlo”, che vede la partecipazione dei pazienti dell’associazione AAEE Onlus (Associazione volontaria per l’angioedema ereditario ed altre forme rare di angioedema).

“L’angioedema ereditario – spiega la dott.ssa Maria Bova, del Centro di Riferimento Campano per la Diagnosi e la Terapia dell’Angioedema Ereditario presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II – è una malattia genetica causata dall’assenza di una proteina del sangue, il C1 inibitore; è il difetto genetico che provoca la carenza o il non funzionamento della proteina che ha funzione regolatrice di due sistemi di importanza vitale per l’organismo: il sistema di contatto della coagulazione e il sistema del complemento della difesa immunitaria.” Tra i fattori scatenanti ci sono traumi fisici ed emotivi che possono essere anche un episodio di febbre, una caduta o lo stress per un esame o un compito in classe. Per tutti questi motivi vivere con questa patologia non è facile. Pur essendo disponibile una terapia profilattica, gli attacchi acuti di angioedema devono essere sempre trattati con i farmaci appropriati, somministrabili per via endovenosa o sottocutanea. La campagna, realizzata con il contributo incondizionato di Shire, serve a diffondere la conoscenza della patologia, ma anche dei centri di riferimento presenti sul territorio nazionale, che sono ben 17 e coprono quasi tutte le regioni italiane (qui l’elenco).