
L’osteoporosi è una malattia cronica del sistema scheletrico che determina il deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo; è definita anche malattia silenziosa. Progressivamente, nell’attività di rimodellamento osseo, il processo di riassorbimento prevale su quello di formazione, causando quell’indebolimento che predispone alle fratture. Tante fratture significano anche tanti costi. A causa dell’invecchiamento della popolazione, l’impatto delle fratture da fragilità sulla spesa sanitaria europea continuerà a crescere: l’International Osteoporosis Foundation prevede costi per 37miliardi di euro a seguito dei 2,7milioni di fratture da fragilità che avvengono solo in Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito, con una spesa annua prevista in aumento fino a più di 47miliardi di euro entro il 2030.
IL VISSUTO DELLE DONNE E IL LORO ATTEGGIAMENTO NEI CONFRONTI DELL’OSTEOPOROSI
Chiesi Italia ha indagato, per mezzo di approfondite interviste individuali, i vissuti e le necessità di chi soffre di questa malattia. Sensazione di fragilità, vulnerabilità, limitazione nella vita di tutti i giorni e timore per quello che il futuro potrà riservare, soprattutto in termini di perdita dell’autonomia, sono i principali elementi riferiti dalle donne. Insieme a questi, viene evidenziata una tendenza alla depressione e una sintomatologia dolorosa spesso considerata dagli specialisti come “a parte” rispetto all’osteoporosi e pertanto in molti casi sottovalutata e affrontata in modo estemporaneo, senza indagare l’intensità e la persistenza del dolore. In base all’atteggiamento dimostrato di fronte alla malattia, i ricercatori hanno individuato due profili psicologici: le donne reattive e quelle attendiste. Dinamiche e amanti della vita, le reattive non si lasciano sopraffare dalla sensazione di invecchiamento e riprogrammano le proprie attività in modo da vivere al meglio. Si sentono protagoniste della terapia e fanno tutto il possibile per rallentare la progressione della malattia, con attività fisica mirata e stile di vita corretto. Un diffuso timore e senso di colpa per non aver agito in tempo sono invece i tratti salienti delle attendiste, che spesso hanno alle spalle una storia di sopportazione del dolore e sintomi trascurati. Il loro atteggiamento nei confronti della terapia è acritico e tendenzialmente poco diligente. La malattia viene vissuta come una condanna, all’insegna della rassegnazione.
SPECIALISTI, SERVE PIÙ ASCOLTO E MAGGIORE EMPATIA
In base a quanto emerge dalla ricerca, le pazienti riconoscono nell’ortopedico e nel reumatologo i punti di riferimento, nonostante la percezione di un loro scarso investimento sulla malattia e la comunicazione quasi sbrigativa che caratterizza le visite, da cui il percepito di un ascolto insufficiente e il bisogno di una maggiore empatia. La situazione cambia con gli specialisti che fanno parte dei Centri Osteoporosi, realtà territoriali peraltro generalmente poco conosciute, e con i fisiatri, a cui le pazienti riconoscono un approccio più attento e articolato, con più spiegazioni e più consigli. Il bisogno di un maggior coinvolgimento è percepito anche dagli stessi specialisti. Come emerge dalla ricerca quantitativa effettuata da Chiesi a integrazione di quella sulle pazienti, l’84% degli ortopedici intervistati ritiene infatti che un maggior coinvolgimento della classe medica sul tema dell’osteoporosi sia assolutamente necessario. Per l’87%, tuttavia, la problematica dell’osteoporosi e delle sue conseguenze è ad oggi più sentita e le donne sono più informate.
“La centralità del paziente è uno dei pilastri su cui si basa ogni nostra attività. Ci impegniamo non solo nel mettere a loro disposizione soluzioni farmaceutiche adeguate ed efficaci, ma anche i servizi di cui necessitano per il miglioramento della qualità della loro vita”, spiega Laura Franzini, Direttore Medico di Chiesi Italia. “Per essere al fianco dei pazienti è necessario comprendere i loro bisogni insoddisfatti. Da qui è nata l’indagine che ci ha permesso di raccogliere il punto di vista dei pazienti, le difficoltà, i timori e le preoccupazioni nella gestione della malattia. Queste informazioni si integreranno agli strumenti formativi rivolti alla classe medica con l’obiettivo di migliorare ulteriormente la gestione delle persone affette da osteoporosi.”