Il reparto di Stomatologia di Wuhan può vantare, da fine gennaio a inizio aprile, 1.998 emergenze operate con nessun contagio registrato tra gli operatori. Il merito? È di 3 ingredienti messi a punto per formulare la ricetta Covid-Safe: prevede dispositivi di protezione adeguati; nuova progettazione degli spazi di lavoro; controllo su pazienti e operatori. Il risultato è garantito, parola del prof. Zhuan Bian, Direttore del reparto di Stomatologia di Wuhan e Vice Presidente dell’Associazione Cinese di Stomatologia, che ieri ha parlato di fronte a oltre 700 specialisti nel webinar organizzato dalla Società Italiana di Ortodonzia (SIDO) e dall’Accademia Italiana di Ortodonzia (AIDOr). Un protocollo che rappresenta per loro una pratica quotidiana, lì, dove l’emergenza Coronavirus ha avuto inizio.
“Noi odontoiatri siamo estremamente a rischio, perché lavoriamo a stretto contatto con il respiro dei pazienti”, ha detto il prof. Zhuan Bian. “Ma a Wuhan siamo già nella fase di convivenza col virus e ci siamo dovuti organizzare di conseguenza. Occorre però ripensare tutto. Innanzitutto, servono dispositivi di protezione individuale (DPI) per tutti, e adeguati. A seconda del livello di contatto con i pazienti si utilizzano DPI di diverso livello, dalle semplici mascherine per l’accettazione a copri-camici e stivali copri-scarpe per chi lavora a contatto con casi sospetti”. Tanto in clinica, quando negli ospedali, oramai è prassi l’uso di ingressi separati: “Facciamo inoltre in modo che i pazienti non abbiano accesso agli spazi di riposo degli operatori. Inoltre, occorre prevedere delle ‘cliniche di isolamento’, spazi dove operare pazienti a sospetto infezione o in via di remissione. Ovviamente questi ultimi devono accedere solo per interventi di urgenza, che non possono essere rimandati”, ha spiegato la prof.ssa Hi Hong, Capo del Dipartimento di Ortodonzia dell’Università di Wuhan, che si è unita in collegamento dalla Cina.
“Spazi e DPI da soli però non bastano – ha proseguito il dott. Zhuan Bian – occorre anche gestire in maniera ottimale il flusso di pazienti. Noi utilizziamo una pre-registrazione online, controllo della temperatura all’arrivo e teniamo traccia di tutti gli interventi e degli operatori coinvolti. Così, nel caso un paziente o un operatore risulti malato, è possibile capire subito con chi è stato a contatto. Dopo ogni intervento, vengono igienizzati tutti gli ambienti. Anche gli specialisti da noi seguono protocolli precisi: controlliamo che utilizzino i DPI, che li smaltiscano e che si lavino le mani, tutto nella maniera corretta. Ovviamente sono stati prima addestrati a farlo, in modo che tutti sappiano come muoversi”. Anche l’aerosol dei pazienti sospetti viene aspirato da appositi macchinari e vengono utilizzati ultravioletti e detergenti con alcol per igienizzare gli spazi. Il motore messo in moto a garanzia della sicurezza è impegnativo e ovviamente determinano una riduzione di pazienti: “Noi siamo passati da 40-50 al giorno a una decina. Ma i restanti non sono abbandonati, anzi: il supporto online è fondamentale, e noi durante la chiusura abbiamo seguito in questo modo 1.000 pazienti al giorno”, conclude la prof.ssa Hong.
Il quadro è da tenere presente in vista anche qui in Italia di una ripartenza: “Solo ascoltando chi è già passato dall’emergenza – commenta il dott. Giuliano Maino, Presidente Nazionale SIDO – possiamo capire come mettere in sicurezza i nostri studi e tornare a occuparci dei pazienti garantendo sia a loro che a noi la massima sicurezza”.