
Un esordio fulmineo, un iter diagnostico tortuoso e nella maggior parte dei casi troppo tardivo, quando solo il 25% dei pazienti può essere candidato alla chirurgia con intento curativo; una profilazione molecolare ancora non garantita a tutti i pazienti dal Servizio Sanitario Nazionale; l’assenza di un registro dei Centri di riferimento; un solo farmaco a bersaglio molecolare disponibile, gli altri in attesa di autorizzazione dagli enti regolatori. E poi, la “solitudine” dei pazienti nell’affrontare un percorso doloroso e difficile. Proprio i pazienti che convivono con una diagnosi di colangiocarcinoma sono stati i protagonisti e testimoni al I Convegno Nazionale APIC, Associazione Italiana Colangiocarcinoma, con l’americana Cholangiocarcinoma Foundation e l’inglese AMMF. L’incontro ha voluto essere un momento di confronto aperto tra pazienti, specialisti e associazioni per accendere i riflettori su una neoplasia misconosciuta persino tra gli stessi medici e di cui i media parlano poco. I pazienti hanno portato le storie e il drammatico vissuto emozionale, ma anche il loro punto di vista su presa in carico e trattamenti vecchi e nuovi, questi ultimi di difficile reperibilità.
Il colangiocarcinoma è un tumore delle vie biliari che collegano il fegato all’intestino, raro, con un alto tasso di recidive e una mortalità elevatissima: a 5 anni, la sopravvivenza è del 15% tra gli uomini e del 17% tra le donne. Sempre più frequente rispetto al passato la comparsa in giovani adulti. Tre le forme principali, 2 sono extraepatiche – perilare e distale, più facili da aggredire chirurgicamente – mentre una terza forma è intraepatica, sovente inoperabile al momento della diagnosi. Il colangiocarcinoma è un tumore caratterizzato da mutazioni geniche, tra cui più frequente è l’alterazione del gene FGFR2.
“L’informazione può fare la differenza”, dichiara Paolo Leonardi, presidente di APIC. “Siamo di fronte a un tumore che non dà segni di sé, se si eccettuano i casi di ittero con una colorazione giallognola delle sclere e della pelle che compare in una fase già avanzata di malattia. Il colangiocarcinoma raddoppia il suo volume ogni 28 giorni, portando a morte in pochi mesi se non si interviene in modo tempestivo. È necessario indirizzare i pazienti a Centri specializzati e a chirurghi competenti ed esperti perché si tratta di una chirurgia molto delicata. Tutti i pazienti andrebbero sottoposti a profilazione molecolare per identificare eventuali mutazioni genetiche, ma purtroppo ad oggi i test genetici non sono rimborsati dal SSN nonostante siano necessari per prescrivere le nuove terapie mirate a bersaglio molecolare. Infine, c’è il grande problema dei nuovi farmaci”, continua Leonardi. “Come sappiamo, i tempi di approvazione in Italia sono lunghissimi, anche 3 anni, mentre chi ha un colangiocarcinoma non può aspettare. APIC intende creare attorno ai malati e alle loro famiglie una rete di supporto affinché non si sentano soli e intende spingere sulle autorità regolatorie per abbreviare il più possibile i tempi di approvazione dei farmaci innovativi.”
Per i pazienti con malattia avanzata localmente o metastatica, in cui è presente l’alterazione genica FGFR2 e già trattata con chemioterapia, è disponibile da pochi mesi in Italia una nuova terapia a bersaglio molecolare, che riduce le dimensioni del tumore e porta ad un miglioramento della sopravvivenza mediana di oltre 1 anno e mezzo. Una ventina i Centri di riferimento specializzati presenti sul territorio nazionale, più numerosi al Nord e al Centro, meno al Sud. Circa la metà dei colangiocarcinomi intraepatici presenta 1 o più mutazioni geniche: per questa ragione, ribadisce APIC, sarebbe necessario sottoporre i pazienti a profilazione molecolare con la metodica NGS (next generation sequencing). Pesante il vissuto emotivo dei pazienti, per i quali, oltre alla ricerca scientifica, occorre anche rafforzare la rete di supporto, inserendo nel percorso di assistenza anche un sostegno psicologico, oggi fornito solo in alcuni ospedali.