Congresso ESHRE 2025. “Trattamenti per la fertilità delle donne over40 e ciclo naturale modificato mNC-ET”

Presentati al Congresso della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia ESHRE 2025, in corso a Parigi fino al 02 luglio, i risultati di uno studio multicentrico condotto da IVI, coordinato dal dott. Pietro Molinaro, di IVI Roma e dell’Università di Valencia, e realizzato in collaborazione con un team internazionale di esperti dei Centri in Italia e Spagna, che mostrano come il ciclo naturale modificato mNC-ET sia una valida alternativa al ciclo artificiale per la preparazione endometriale nella procreazione medicalmente assistita PMA.

“Volevamo dimostrare che anche nelle donne over40 il ciclo naturale modificato, tecnica che combina elementi del ciclo naturale con un supporto farmacologico minimo, può offrire risultati pari a quelli del ciclo artificiale in termini di tasso di nascita viva e riduzione del tasso di aborto, ma con un approccio meno invasivo”, dichiara il dott. Mauro Cozzolino, direttore del Centro IVI di Bologna e coautore dello studio. “Abbiamo incluso 16.579 donne in età compresa tra 40 e 49 anni, per un totale di 26.039 trasferimenti singole blastocisti. È sicuramente uno degli studi più grandi mai realizzati su questo tema.”

Tutto nasce da un’osservazione clinica importante, spiegano gli autori: nelle donne che non ovulano spontaneamente, manca il corpo luteo, una struttura dell’ovaio che normalmente produce sostanze fondamentali per sostenere l’inizio della gravidanza. “Abbiamo notato che le donne che ovulano naturalmente, anche durante un trattamento di fecondazione assistita, vanno incontro a meno complicazioni ostetriche, come ipertensione e preeclampsia”, prosegue Cozzolino. “Da qui l’idea di sperimentare in modo più sistematico un approccio più fisiologico, chiamato ciclo naturale modificato, anche nelle donne in età più avanzata. Nel ciclo naturale modificato, si rispetta il ritmo naturale del corpo. Si monitora l’ovulazione spontanea e si interviene solo con una piccola iniezione di hCG, un ormone che aiuta a ‘orchestrare’ l’ovulazione in un momento preciso, così da poter pianificare al meglio il trasferimento dell’embrione. In altre parole, si dà un segnale chiaro all’ovaio su quando rilasciare l’ovulo, proprio come farebbe l’organismo da solo. Per rendere l’ambiente dell’utero più favorevole all’impianto dell’embrione, viene poi somministrato progesterone, ma con un carico farmacologico molto più basso rispetto ad altri protocolli. Tutto il processo è accompagnato da semplici controlli ecografici e ormonali. Questo metodo si distingue sia dal ciclo naturale puro, in cui non si interviene affatto sull’ovulazione, sia dal ciclo artificiale, in cui tutti gli ormoni necessari alla gravidanza vengono introdotti dall’esterno. Nel ciclo artificiale, la paziente assume estrogeni e progesterone per settimane, fino al terzo mese di gravidanza”, afferma ancora Cozzolino. “Nel ciclo naturale modificato, invece, seguiamo quello che il corpo fa da solo, intervenendo il minimo indispensabile; il trattamento è più leggero e più rispettoso dell’organismo.”

Il tasso di successo del ciclo naturale modificato è risultato pienamente paragonabile a quello del ciclo artificiale: la probabilità di nascita è del 40,2% con il naturale modificato, contro il 41% del protocollo farmacologico classico. Il tasso di aborto spontaneo si riduce invece in modo significativo con l’approccio più fisiologico, 11,8% rispetto a 17,4%: “Questa riduzione potrebbe essere dovuta a una migliore qualità dell’endometrio e a una sincronizzazione più naturale con l’embrione”, dichiara Cozzolino. “E non si tratta di un dettaglio: ogni aborto evitato significa meno dolore, meno frustrazione, meno attesa. Ha un peso clinico, ma anche psicologico ed emotivo enorme.”

Gli autori sottolineano poi un ulteriore aspetto da non trascurare: molte donne vivono il ciclo naturale modificato in modo più sereno, con meno farmaci, meno interventi e un maggiore senso di familiarità. Lo studio ha escluso fattori confondenti come patologie uterine gravi o irregolarità ormonali e ha utilizzato un’analisi statistica avanzata per correggere variabili come età, qualità embrionale e caratteristiche del partner. “Anche dopo tutte le correzioni statistiche, non emerge alcun vantaggio significativo del ciclo artificiale. Questo rafforza l’idea che si possano personalizzare i trattamenti anche per le donne over40, a condizione che abbiano un ciclo regolare. Inoltre, nei Centri PMA ci si concentra spesso solo sull’impianto. Ma se possiamo ridurre complicanze come preeclampsia e ipertensione, riduciamo anche accessi ospedalieri e costi sanitari. È una visione più ampia e più responsabile”, conclude.