Parkinson. “Quale lo scenario futuro?”

La malattia di Parkinson è la malattia neurologica in più rapida crescita a livello globale e pone notevoli sfide gestionali a causa della disabilità progressiva, dell’insorgenza di sintomi resistenti alla levodopa e delle complicanze correlate al trattamento. Nel corso del Congresso della Società Italiana di Neurologia SIN 2024, recentemente svoltosi a Roma, è stato fatto il punto sullo stato attuale della ricerca sulle terapie per il Parkinson e delineato le priorità future per far progredire la nostra comprensione e il trattamento della malattia. “Identifichiamo 2 principali priorità di ricerca per i prossimi anni: in primo luogo, rallentare la progressione della malattia attraverso l’integrazione di biomarcatori sensibili e terapie biologiche mirate”, afferma il prof. Fabrizio Stocchi, ordinario di Neurologia presso Università San Raffaele di Roma. “In secondo luogo, migliorare i trattamenti sintomatici esistenti, che comprendono terapie chirurgiche e infusionali, con l’obiettivo di posticipare le complicanze e migliorare la gestione a lungo termine del paziente. Il percorso verso la modificazione della malattia è ostacolato dalla fisiopatologia multiforme e dai diversi meccanismi alla base della malattia di Parkinson. Gli studi in corso sono diretti all’aggregazione della α-sinucleina, integrati da sforzi per affrontare percorsi specifici associati alle forme genetiche meno comuni della malattia. Il successo di questi sforzi – prosegue – si basa sulla definizione di solidi endpoint, sull’integrazione della tecnologia e sull’identificazione di biomarcatori affidabili per la diagnosi precoce e il monitoraggio continuo della progressione della malattia. Nel contesto del trattamento dei sintomi, l’attenzione dovrebbe spostarsi verso il perfezionamento degli approcci esistenti e la promozione dello sviluppo di nuove strategie terapeutiche che mirino ai sintomi resistenti alla levodopa e alle manifestazioni cliniche che compromettono sostanzialmente la qualità della vita. In questo contesto – afferma ancora – occorre ricordare i progressi nell’utilizzo della stimolazione cerebrale profonda e dell’utilizzazione della neuroablazione del VIM (nucleo ventrale intermedio mediale del talamo) mediante ultrasuoni focalizzati sotto guida della risonanza magnetica (mr-guided focused ultrasound o MRgFUS), tecniche ormai presenti su tutto il territorio nazionale a conferma della loro efficacia.”