La pandemia ha avuto effetti gravissimi sulla salute mentale, in particolare sulle persone che già avevano fragilità, e si osserveranno conseguenze di lungo periodo su un alto numero di individui. È quanto emerso dalla Mental Health Marathon, organizzata da Koncept, nel corso della quale psicologi, psichiatri, politici, amministratori e rappresentanti delle associazioni si sono confrontati su tema Salute Mentale in un Mondo Ineguale.
“Le conseguenze della pandemia sulla salute mentale sono state devastanti”, afferma il prof. Giuseppe Cardamone, direttore dell’Area Salute Mentale Adulti della Usl Toscana Centro. “È necessaria una integrazione socio-sanitaria, bisogna rendere i servizi aperti, ‘abitati’ e partecipati. Con il Covid c’è stata una riduzione di attività in presenza e della continuità terapeutica. Oggi bisogna superare i confini fisici ma soprattutto immateriali che spesso creano ingessature burocratiche.”
“È necessario investire sempre di più salute mentale, perché le fragilità sono sempre più complesse, in particolare dopo la pandemia”, commenta l’assessore all’Educazione e Welfare del Comune di Firenze, Sara Funaro. “Lo vediamo in tutti i settori, a partire dall’infanzia. La salute mentale deve essere centrale, investire in presidi e risorse umane.”
“L’obiettivo dell’amministrazione toscana è incrementare la capacità di dare risposte facendo in modo che le persone con salute mentale non siano marginalizzate”, aggiunge Serena Spinelli, assessore alle Politiche Sociali della Regione. “Per far questo, bisogna creare un sistema che risponda a 360°.”
“L’adolescente è la ‘vittima predestinata’. Durante la pandemia la Dad ha creato nuovi problemi: non è sovrapponibile alla scuola, è una cosa da tempo di ‘guerra’; molti insegnanti hanno riprodotto le stesse dinamiche che c’erano in classe. Non era così: era cambiato tutto. Cambiato il contenitore cambia o deve cambiare anche il contenuto”, dichiara Luisa Russo, direttrice UOC Neuropsichiatria Infantile e direttrice Dipartimento di Salute Mentale Asl Napoli 1 Centro.
“I suicidi tra gli adolescenti sono aumentati e sono un trauma per tutti: famiglia, comunità, servizi stessi”, afferma Raffaele Barone, psichiatra e direttore MDSM Caltagirone. “Servono una nuova mission e una nuova visione. In questi ultimi 2-3 anni sono arrivati a compimento cambiamenti, che erano in atto, che hanno modificato la nostra vita. Oggi, per esempio, è lo smartphone che controlla noi, ci guarda 24 ore su 24. In questo contesto è fondamentale il valore del dialogo e della relazione.”
Tra i soggetti più fragili ci sono poi le donne vittime di violenza. “La pandemia ha portato alla luce le criticità del sistema sanitario ma anche una disparità nei diritti”, spiega Teresa Bruno, psicologa e psicoterapeuta, past president Artemisia Onlus. “Madri e i figli si sono sentiti in gabbia. È aumentata, con strumenti elettronici, la richiesta di aiuto, di contatti e colloqui. Alcune donne hanno rinunciato a chiedere aiuto in pandemia perché sarebbe stato un rischio maggiore per loro e i loro figli: pensiamo ai percorsi giudiziari, che sono stati paralizzati. Altre donne che avevano intrapreso un percorso di uscita dal luogo della violenza prima del Covid si sono trovate in difficoltà: la perdita dei lavori ha colpito soprattutto le donne e quindi condizione di povertà. Se vogliamo trovare il buono, la pandemia ci può insegnare a essere più attenti ai bisogni e dobbiamo saper cogliere questo insegnamento.”
Tra le soluzioni discusse, un maggiore coinvolgimento delle comunità e dell’associazionismo. “Cittadinanzattiva ha lanciato un progetto di ‘empowerment dei territori’, con 3 pilastri: approccio alla salute mentale basato sui diritti; forte radicamento nei territori; protagonismo delle comunità”, spiega Daniela Mondatore. “Le associazioni – conclude Teresa Petrangolini, direttore di Patient Advocacy Lab, ALTEMS, Università Cattolica del Sacro Cuore – sono pronte ad assumersi maggiore responsabilità; vogliono conoscere di più, agire meglio, sedersi al tavolo con le istituzioni per parlare dei servizi.”