Prosegue il viaggio della campagna Tumore Ovarico. Manteniamoci Informate! Arrivando ora in Emilia-Romagna, dove si stimano siano circa 325 i nuovi casi di tumore ovarico all’anno e diverse centinaia le donne che convivono con la malattia. Ogni anno oltre 130 pazienti vengono prese in carico presso il Centro d’eccellenza di Ginecologia Oncologica dell’Ospedale Infermi di Rimini e possono avvalersi del supporto di Associazioni pazienti attive da molti anni sul territorio. Invitare le donne e le pazienti romagnole a informarsi sul tumore ovarico, uno dei più aggressivi tumori femminili, e sulle novità rispetto alla diagnosi, ai test genetici, alle cure personalizzate, alla chirurgia e alle terapie di mantenimento è l’obiettivo della campagna di sensibilizzazione ideata e realizzata da Pro Format Comunicazione e Mad Owl, in collaborazione con le Associazioni aBRCAdabra onlus, ACTO, LOTO, e Mai Più Sole e sponsorizzata in esclusiva da GSK. Di anno in anno, infatti, sono sempre di più le cose da conoscere sul tumore ovarico: terapie di mantenimento che aumentano il tempo libero da malattia e sono efficaci su tutte le pazienti che rispondono al platino, con o senza mutazioni; test genetici – somatico e germinale – che permettono di rilevare le mutazioni BRCA 1 e 2 e di accertarne il carattere ereditario, per attivare sorveglianza e prevenzione sui familiari delle pazienti; chirurgia sempre più precisa e specialistica; la conoscenza dei sintomi, che può accelerare il percorso diagnostico e l’iter terapeutico di un tumore che è oggi la prima causa di morte tra le neoplasie ginecologiche. Questi i temi principali dell’evento a Rimini che ha dato la possibilità alle donne e alle pazienti romagnole di rivolgere direttamente dubbi e domande sul tumore ovarico a ginecologi, genetisti e oncologi.
La nuova edizione della campagna Tumore Ovarico. Manteniamoci Informate! ha scelto di dare direttamente la parola alle donne: le pazienti delle Associazioni promotrici della campagna, che si sono già confrontate con la diagnosi di tumore ovarico, condividono consigli ed esperienze sul percorso di cura attraverso videomessaggi “da donna a donna”, veicolati attraverso il portale manteniamociinformate.it: 8 brevi video dedicati ad aspetti chiave come la scoperta della malattia, il rapporto con i medici, le risorse che aiutano a ritrovare la qualità di vita. A questa iniziativa si affianca un tour itinerante di eventi territoriali, un’attività d’informazione negli ambulatori onco-ginecologici e una campagna informativa digital e social che quest’anno si avvale delle illustrazioni del visual designer Gaetano Di Mambro. La donna con sospetto tumore dell’ovaio entra in un percorso diagnostico-terapeutico piuttosto lungo e complesso, indirizzata al Centro di eccellenza dal suo ginecologo. Mancano ancora oggi screening che permettono di individuare precocemente l’insorgenza della neoplasia; pertanto, solo l’ecografia intravaginale eseguita preventivamente almeno una volta l’anno dopo i 50 anni può aiutare a scoprire per tempo il tumore. “La donna che presenta un sospetto diagnostico di tumore ovarico viene inserita in un PDTA, un percorso diagnostico-terapeutico dedicato a cui afferiscono diversi professionisti”, dichiara Federico Spelzini, direttore Ginecologia e Ostetricia Ospedale Infermi di Rimini. “Viene fatta una valutazione clinica con esami ematochimici come i marcatori e di imaging per studiare il tumore. Segue un counselling genetico, perché qualora ci fosse la conferma di neoplasia ovarica la donna dovrà entrare nel percorso di onco-genetica volto all’individuazione delle mutazioni BRCA. Tutte queste indagini vengono effettuate con grande rapidità, grazie a percorsi facilitati, perché il tumore ovarico è tempo-dipendente e tanto più rapida è la diagnosi tanto più rapido è l’inizio delle cure e la loro efficacia. La patologia ovarica da noi è considerata priorità e il trattamento deve iniziare entro i 30 giorni dalla presa in carico. A questo punto viene programmato un ricovero che coincide con il giorno dell’intervento. Il team multidisciplinare (oncologo, chirurgo ginecologo, radiologo, oncogenetista, medico di medicina nucleare, chirurgo generale, anatomo patologo, urologo) è fondamentale ed è l’unico approccio per poter garantire una migliore qualità delle cure in termini di diagnostica pre-operatoria e di trattamento chirurgico”, prosegue. “Il gruppo si riunisce un giorno a settimana per discutere dei casi clinici. Due le scelte possibili: intervenire subito con la chirurgia, se non ci sono controindicazioni, oppure, se la malattia è avanzata, fare una biopsia in laparascopia e inviare la paziente a chemioterapia neoadiuvante seguita dall’intervento chirurgico. Durante il ricovero, al letto della paziente, si inserisce il supporto di una psicologa.”
La possibilità per tutte le donne – con o senza mutazioni – di accedere alle terapie di mantenimento orali, che permettono di allontanare le ricadute e il ritorno periodico in ospedale per le infusioni, rappresenta una delle innovazioni più importanti di questi anni ottenuta grazie al supporto continuativo della ricerca. “Le modalità di approccio al tumore ovarico sono di vario tipo: l’ipotesi chirurgica, attentamente valutata, che può essere integrata con terapie mediche come chemioterapia o trattamenti biologici”, afferma Davide Tassinari, direttore Oncologia Ospedale Infermi di Rimini. “Il trattamento medico può essere pre-operatorio, riducendo l’estensione della malattia; post-operatorio con l’obiettivo di ridurre il rischio di recidiva, e per la malattia avanzata eventualmente con terapie di mantenimento o, se la malattia è resistente, a diverse linee di chemioterapia. I trattamenti palliativi sono di supporto per migliorare la qualità di vita della paziente. Un importante progresso è rappresentato dalle terapie di mantenimento con i PARP inibitori che hanno l’obiettivo di ritardare più possibile una recidiva, prolungando il tempo libero dalla malattia e aumentando le probabilità di guarigione. I PARP inibitori sono farmaci intelligenti, che hanno come bersaglio un enzima chiamato PARP implicato nei meccanismi di riparazione del DNA: se l’enzima viene bloccato, la cellula non ripara i danni e muore. I PARP inibitori possono essere impiegati sia nelle donne con mutazione BRCA sia in quelle non mutate.”