Un problema silenzioso, spesso considerato un semplice sintomo nonostante il significativo impatto sulla vita quotidiana, personale, sociale e lavorativa di chi ne soffre e sulla salute a lungo termine cardiometabolica e cognitiva. Per l’insonnia cronica è iniziata una nuova fase che parte dall’assunto, in linea con i criteri diagnostici, che si tratti di una patologia delle 24 ore: non un problema da stigmatizzare, ma una patologia riconosciuta da parte di medici e pazienti che va inquadrata e trattata in maniera appropriata. Finora è mancato un pieno riconoscimento dell’insonnia cronica come patologia e ciò può aver ostacolato le richieste d’aiuto nelle fasi iniziali, generando nel paziente un grande senso di impotenza e una non adeguata gestione della patologia. Le persone che soffrono di insonnia cronica ricorrono spesso e per lunghi periodi al fai-da-te e vivono in una condizione di sofferenza soggettiva.
“Finalmente l’insonnia viene classificata come un disturbo a sé stante, che ha sia una componente notturna, per cui il paziente fa fatica o ad addormentarsi o a mantenere il sonno, sia una componente diurna, con specifiche conseguenze durante il giorno come irritabilità, scarsa concentrazione e attenzione, sonnolenza, lacune mnesiche”, dichiara Liborio Parrino, direttore Scuola di Specializzazione in Neurologia e Centro Medicina del Sonno Università di Parma, direttore SC di Neurologia AOU di Parma. “L’insonnia si presenta dunque come una malattia delle 24 ore, una patologia con una sua dignità e non come un sintomo secondario di qualcos’altro. L’insonnia è una malattia complessa, sono più di 89 le diverse forme.”
Sin dalle prime avvisaglie l’insonnia è una patologia che andrebbe valutata, inquadrata e trattata secondo le linee guida internazionali. Dopo lunghi anni di sperimentazioni e studi, è arrivata in Italia una nuova prospettiva terapeutica per il trattamento specifico dei pazienti adulti affetti da insonnia cronica. Daridorexant, di Idorsia, è il primo farmaco inibitore dell’orexina, neurotrasmettitore fondamentale per mantenere lo stato di veglia. “Le caratteristiche di questa molecola non sono solo la sua maneggevolezza e la sua sicurezza, come hanno dimostrato gli studi che ne hanno valutato gli effetti collaterali, ma anche l’efficacia: infatti gli studi condotti in doppio cieco vs placebo hanno dimostrato che funziona sulla qualità e quantità del sonno e rimane efficace anche se assunto per lunghi periodi”, afferma il prof. Luigi Ferini Strambi, ordinario di Neurologia Università Vita-Salute di Milano, direttore Centro di Medicina del Sonno IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. “Daridorexant agisce sull’orexina, neurotrasmettitore della veglia, inibendone il funzionamento poiché si lega ai suoi due recettori. Il grosso vantaggio di questo farmaco è la sua emivita ottimale di 8 ore: questo vuol dire che impedisce il funzionamento dell’orexina per un periodo di tempo coincidente con il sonno. Al mattino, l’orexina ricomincia a funzionare, e di conseguenza il farmaco non dà sedazione dopo il risveglio. Gli studi controllati condotti con daridorexant hanno infatti dimostrato l’assenza di sonnolenza diurna e di problemi cognitivi. Altro vantaggio del daridorexant – continua – è che non serve solo a ridurre il tempo di addormentamento, ma facilita anche il mantenimento del sonno. Inoltre, questo farmaco rispetto ad altri composti ipnotici, si è dimostrato sicuro anche nei soggetti che soffrono di apnee durante il sonno, quasi la metà dei quali ha un problema di insonnia con difficoltà di mantenimento del sonno.”