Prurito intenso e incessante, dolore, insonnia, autoisolamento, stress e stigma sociale interessano in Italia oltre 35mila bambini e adulti che convivono con una forma severa di dermatite atopica, malattia infiammatoria cronica della pelle che condiziona pesantemente le attività diurne e notturne dei pazienti. Tra le terapie ora a disposizione degli specialisti, anche abrocitinib, approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco Aifa per i pazienti adulti con dermatite atopica severa candidati a terapia sistemica e rimborsato dal Ssn. Occasione di approfondimento, l’evento online dal titolo Dermatite Atopica: Disponibile una Nuova Opzione Terapeutica, organizzato da Pfizer per il lancio in Italia del nuovo JAK-inibitore. “La dermatite atopica, detta anche eczema atopico, è stata considerata fino a pochi anni fa una patologia esclusiva dell’età pediatrica, ma non è così”, dichiara Giuseppe Monfrecola, presidente della Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse SIDeMaST. “Oggi si sa che la malattia tipicamente si manifesta nei primi mesi di vita, ma può proseguire nell’adolescenza e nell’età adulta o può insorgere ex novo in adulti e addirittura dopo i 65 anni di età. Si tratta di una malattia cutanea infiammatoria cronica che può perdurare per tutta la vita con fasi alterne di remissione e riacutizzazioni. Si manifesta con arrossamenti molto estesi accompagnati da intenso e persistente prurito e/o bruciore”, prosegue. “Tutto il quadro è accompagnato da una marcata secchezza cutanea. Può interessare testa, tronco e arti ma spesso le sedi maggiormente colpite sono anche quelle più visibili: volto, collo, mani; per questa sua visibilità e il forte prurito, la patologia ha un pesante impatto sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. In Italia, la dermatite atopica colpisce l’età pediatrica con percentuali del 15% circa, e con percentuali dell’8-10% in giovani/adulti.”
Nella fase acuta, la dermatite atopica – che ha un andamento altalenante e può favorire le allergie, non il contrario – si manifesta con arrossamenti spesso associati a vescicole essudative. Nel tempo le lesioni progrediscono e diventano squamose, mantenendo l’arrossamento cutaneo. Il prurito molto intenso è il sintomo principale. Per una persona con dermatite atopica, anche azioni normali come un bagno al mare o in piscina, fare jogging, passeggiare in un parco, possono essere attività sconsigliabili. La malattia si ripercuote sulla sfera interpersonale e lavorativa a causa dello stigma sociale conseguente alle manifestazioni cutanee, che colpiscono aree visibili come volto, collo, mani. Il paziente e la famiglia devono confrontarsi con questa malattia – che non è contagiosa né infettiva – per molti anni e, nel peggiore dei casi, per tutta la vita.”
“Abrocitinib è un farmaco orale, assunto con 1 sola somministrazione al giorno, che agisce bloccando una Janus chinasi che interviene nella trasduzione di segnali infiammatori della dermatite atopica”, dichiara Giampiero Girolomoni, direttore UOC di Dermatologia e Malattie Veneree dell’Azienda Ospedaliera di Verona. “Si tratta di un antinfiammatorio specifico per questa malattia della pelle, che agisce bloccando sia i mediatori dell’infiammazione sia i mediatori del prurito: in questo modo riduce l’infiammazione cutanea e riduce il forte prurito. Il meccanismo d’azione è abbastanza rapido e nel giro di pochi giorni i pazienti riscontrano un miglioramento della sintomatologia. Abrocitinib va somministrato a pazienti selezionati e monitorati, giovani/adulti (dai 18 anni di età) colpiti da una malattia più grave. Sei sono gli studi che sono stati condotti per valutare efficacia e sicurezza del farmaco, rigorosi e su vaste popolazioni, controllati e randomizzati, verso placebo o verso altri farmaci attivi di riferimento che hanno dimostrato la superiorità di abrocitinib nella risoluzione precoce di segni e sintomi e un’ottima tollerabilità”, continua. “Il farmaco può essere assunto per tutto il tempo che serve, può essere interrotto e ripreso a seconda delle necessità. Si inizia la terapia con una dose un po’ più alta e man mano si riduce il dosaggio a seconda della risposta del paziente, fino ad arrivare a una dose di mantenimento.”
La diagnosi di dermatite atopica è in genere tardiva; spesso va fatta una diagnosi differenziale con altre patologie cutanee, come ad esempio la dermatite seborroica o la psoriasi. Quanto alla prognosi, la dermatite atopica può migliorare o scomparire entro i primi 5 anni di età ma le riacutizzazioni sono frequenti in adolescenza e nell’età adulta. La dermatite atopica ha conseguenze psicologiche e sociali e sono tanti i bisogni non ancora soddisfatti. “Rispetto a 20 o 30 anni fa le cose sono un po’ migliorate; Dermatologi formati e Centri di Dermatologia sono presenti in tutto il Paese e sono disponibili molti più presidi terapeutici rispetto a prima, ma c’è ancora molto da fare”, dichiara Mario Picozza, presidente Associazione Nazionale Dermatite Atopica ANDeA. “Convivere con una malattia come la dermatite atopica è una battaglia e una sfida continua. È una malattia che si ‘sente’ e si ‘vede’. Il paziente, a causa del prurito incessante e del dolore, non dorme e di giorno non riesce a concentrarsi; ha sonno e non può essere produttivo né a scuola né a lavoro. La qualità della vita è gravemente compromessa. I risvolti psicologici sono importanti: la consapevolezza del proprio corpo, l’autostima, il di stress e la paura del giudizio degli altri. Frequenti I fenomeni di isolamento sociale e di bullismo. Tutto questo genera ansia, depressione, tristezza, paura e ritiro sociale.”
Le Janus chinasi sono enzimi coinvolti nella segnalazione di sostanze pro-infiammatorie, le citochine. “Abbiamo concentrato i nostri sforzi in aree dove riteniamo di poter rispondere a importanti bisogni, come le malattie infiammatorie croniche e abrocitinib ne è un esempio”, afferma Francesca Cozzolino, direttore Inflammation&Immunology e Rare Disease di Pfizer in Italia. “La dermatite atopica è una malattia infiammatoria cronica ricorrente della pelle con una patogenesi complessa, fonte di discomfort per gli adulti tanto che si è rivelata una delle patologie cutanee con il più alto livello di disabilità nel Global Burden of Skin Disease Study del 2013. Pfizer è stata la prima azienda farmaceutica a dedicarsi allo studio del ruolo svolto dai JAK-inibitori all’interno dei processi infiammatori: si ritiene che il pathway JAK-STAT svolga un ruolo importante nei processi infiammatori in quanto coinvolto nella segnalazione di oltre 50 citochine e fattori di crescita, molti dei quali determinano patologie immuno-mediate. L’inibizione delle JAK rappresenta quindi una risorsa importante per lo sviluppo di nuove opzioni di trattamento, a beneficio di tante persone che soffrono ogni giorno per queste patologie.”