Sulla base dei dati più recenti della federazione europea per il trattamento del dolore (European Pain Federation, EFIC) il dolore articolare colpisce oltre il 50% della popolazione sopra i 50 anni, è in continuo aumento e affligge maggiormente le donne, nelle quali la prevalenza di artrite/artrosi è intorno al 22% rispetto al 12% negli uomini. In particolare l’artrosi sintomatica riguarda circa il 15% della popolazione adulta ma oltre i 60 anni supera il 25-30%, con localizzazione elettiva al ginocchio, all’anca e alla mano. Al pari delle malattie articolari, un’altra causa frequente di dolore muscolo-scheletrico è il mal di schiena (lombalgia), che nel corso della vita arriva a far soffrire fino l’84% dell’intera popolazione e si cronicizza nel 23% dei casi, con inevitabili e gravose conseguenze sulla qualità di vita. Alla luce di questi dati risultano inevitabili due riflessioni strettamente interconnesse: innanzitutto è bene non sottovalutare i disturbi articolari a fronte delle loro notevoli e invalidanti ripercussioni sulle attività ordinarie e sull’autonomia del singolo individuo; in secondo luogo è fondamentale trattare subito e in maniera adeguata il dolore in quanto, se trascurato, da sintomo può trasformarsi in vera e propria malattia: da meccanismo di allarme e difesa, infatti, esso può innescare nel tempo un circolo vizioso per cui la sensazione persiste indipendentemente dallo stimolo che l’ha provocata e può addirittura aumentare di intensità e interferire sul tono dell’umore. Purtroppo l’artrosi può essere affrontata soltanto con una terapia sintomatica, in quanto non esistono ancora soluzioni in grado di arrestare il processo degenerativo della cartilagine e un problema quanto mai concreto è dovuto al rischio di interferenze tra i farmaci. Il 15% degli anziani, per esempio, è in trattamento con anticoagulanti e l’impiego di un antinfiammatorio potrebbe far lievitare il rischio di emorragie. Inoltre il 38-40% della popolazione ha almeno una patologia, il 20% ne ha due e il 14% è affetto da più di una forma cronica e questo costituisce un ulteriore fattore limitante l’impiego dei farmaci. L’omeopatia si delinea pertanto come una strategia di particolare interesse per svariate ragioni: innanzitutto perché propone soluzioni del tutto prive di effetti indesiderati o di rischi di interazioni con altri principi attivi o alimenti; in secondo luogo non preclude il ricorso ai farmaci allopatici, dei quali può tra l’altro contribuire a ridurre il dosaggio; inoltre l’approccio omeopatico si integra perfettamente con quel programma di “presa in carico” del paziente in senso olistico, che implica, oltre alla prescrizione di una cura, l’educazione a un corretto stile di vita: non bisogna infatti dimenticare che in caso di artrosi è fondamentale il controllo del peso corporeo e sono utili alcuni accorgimenti dietetici, come un adeguato apporto di acidi grassi omega-3 (di cui è particolarmente ricco il pesce azzurro), dotati della capacità naturale di contrastare i processi infiammatori. La disponibilità di medicinali omeopatici complessi, inoltre, consente di ottimizzare l’efficacia di più componenti ad azione sinergica che dovranno però essere sempre consigliati da un medico competente.
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