![donna_full_20171219](https://i0.wp.com/clicmedicina.it/wp/wp-content/uploads/2017/12/donna_full_20171219.jpg?resize=640%2C480&ssl=1)
L’endometriosi si manifesta con dolore pelvico, mestruazioni molto dolorose, disturbi gastrointestinali o urinari durante il ciclo mestruale e riduzione della fertilità: infatti, circa il 30-40% di donne affette da endometriosi è sterile. L’assistenza alle donne con endometriosi è molto frammentata: in assenza di percorsi multidisciplinari standardizzati in grado di integrare cure primarie e assistenza specialistica, la variabilità degli approcci diagnostico-terapeutici non garantisce esiti ottimali e genera sprechi da sovra e sotto-utilizzo di test diagnostici e trattamenti.
Recentemente, i nuovi livelli essenziali di assistenza hanno inserito l’endometriosi nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti: questo garantisce alle donne con gli stadi più avanzati di malattia l’esenzione per alcune prestazioni diagnostiche, mentre le terapie efficaci per ridurre la sintomatologia dolorosa (trattamenti ormonali, analgesici) rimangono a carico delle pazienti.
“Troppe donne – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – rimangono ancora senza diagnosi per molti anni, con peggioramento della qualità di vita, progressione della malattia e peregrinazioni tra consulti specialistici e indagini diagnostiche non sempre appropriate. Ecco perché la prima grande sfida è diagnosticare una malattia spesso non ‘sospettata’, identificando precocemente segni e sintomi sin dai primi consulti, in particolare nelle adolescenti.”
L’endometriosi è una malattia in cui i dati clinici sono molto più rilevanti e significativi dei risultati dei test diagnostici: ad esempio, anche la risonanza magnetica è spesso negativa e viene raccomandata solo per valutare l’estensione dell’endometriosi profonda dell’intestino; analogamente il marker CA-125 è poco accurato per i numerosi risultati falsi positivi e falsi negativi.