Da anni viene ribadito come le protesi peniene non rappresentino un lusso o un vezzo ma una necessità per continuare una normale vita di coppia quando non esistono le condizioni per ottenere un’erezione sufficiente per un rapporto sessuale nemmeno con gli attuali farmaci (viagra, cialis, levitra e avanafil o le punture intracavernose di prostaglandine). “Questo succede perché fondamentalmente si tratta di presidi non compresi nei LEA che presentano un DRG (diagnosis related groups, ovvero i raggruppamenti omogenei di diagnosi, ndr) insignificante: 2.740 euro a fronte di un costo della sola protesi di circa 8.500 euro, più sala operatoria e chirurghi”, spiega il prof. Aldo Franco De Rose, della Clinica Urologica di Genova, urologo e andrologo, esperto di impianti di protesi peniene e presidente Ass.A.I. Associazione Andrologi Italiani. “La conseguenza è che questi presidi terapeutici vengono concessi con il contagocce: non più di 3-5 all’anno per ogni centro in cui viene praticata questa chirurgia, mentre le Asl, ignorando le vere esigenze degli utenti, si giustificano dicendo che ‘il DRG non copre le spese’; come dire che non saranno dispensate le protesi del femore, dell’acetabolo e quindi del bacino, o di qualsiasi altro distretto corporeo, a coloro che hanno incidenti stradali. Ma forse non tutti sanno che gli impotenti che necessitano di protesi peniene possono essere anche diabetici con neuropatia o vasculopatia, maschi che hanno fratture del bacino o che vengono operati di tumore alla prostata o ancora maschi con malattie neurologiche.”
In pratica, per aiutare l’enorme richiesta di questi soggetti, il Ministero dovrebbe cambiare questi DRG per la copertura delle spese, avvalendosi della consulenza di esperti. Per la riconosciuta efficacia clinica, le protesi peniene sono indicate anche dalle Linee Guida europee, sia per pazienti non rispondenti ad altri trattamenti sia per chi cerchi una soluzione terapeutica definitiva a gravi problema di natura sessuale. Per questo, un accesso più agevole alle nuove soluzioni biomedicali è un obiettivo che la sanità moderna deve perseguire e che gli specialisti andrologi da tempo sollecitano, per dare ai pazienti cure più efficaci e risolutive. “L’accesso agli impianti protesici nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale non è, purtroppo, agevole per tutti i pazienti”, dichiara il dott. Edoardo Pescatori, andrologo con attività clinica in Lombardia e Emilia-Romagna, anch’egli esperto di impianti di protesi peniene per il trattamento della disfunzione erettile. “La protesi peniena è una prestazione prevista dalla Sanità pubblica, ma il sistema dei DRG (le procedure di classificazione e finanziamento dell’attività ospedaliera) prevede rimborsi che risultano tuttora inadeguati. Contrariamente a quanto ormai consolidato sul fronte femminile (da tempo è prevista la rimborsabilità per le protesi mammarie a seguito di una mastectomia), le protesi peniene dopo una chirurgia radicale pelvica non sono ancora inserite nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e sono gestite in modo difforme dalle varie Regioni. Da qui, la presenza di pochi Centri specializzati e la scarsa diffusione di questa soluzione, nonostante ne siano ampiamente riconosciute l’efficacia terapeutica e il carattere di intervento non ‘estetico’ ma destinato ad affrontare aspetti critici legati alla salute psicofisica di migliaia di uomini, di ogni età.”