
Secondo i dati del Registro Tumori, nel 2023 in Italia sono stati stimati circa 29.700 nuovi casi di tumore vescicale, considerando sia le forme superficiali che quelle infiltranti (in cui il tumore ha raggiunto lo strato muscolare della vescica); di questi, 23.700 erano uomini e 6mila donne. Si tratta del quinto tumore più frequente, dopo mammella, colon-retto, polmone e prostata. Da quanto emerge dal rapporto I Numeri del Cancro 2023, realizzato da AIOM, AIRTUM e PASSI, nello stesso anno le diagnosi di tumore della vescica in Italia hanno rappresentato circa il 7% di tutti i nuovi casi di tumore. Si tratta dunque di un tumore in aumento, che richiede sempre più attenzione sia nella diagnosi che nel follow-up, a causa della tendenza recidivante e della possibilità che diventi aggressivo, fino alla necessità di asportazione della vescica.
Gli esami utilizzati per la diagnosi nelle fasi iniziali della malattia sono l’esame citologico urinario, l’ecografia e la cistoscopia. Nell’esame citologico urinario, i sedimenti di urina vengono analizzati per la rivelazione di alterazioni cellulari, indici di neoplasia. Purtroppo, il numero totale di cellule è spesso troppo basso, ed essendo il campione sensibile a fattori esterni, importanti caratteristiche diagnostiche sono di difficile interpretazione e/o identificazione. La limitazione di sensibilità rende tale esame non ideale per i tumori alla stadio primario. La cistoscopia, insieme alla biopsia, viene oggi considerata l’esame gold standard per l’identificazione di tale neoplasia. Si tratta tuttavia di un procedimento invasivo e limitato all’identificazione delle neoplasie ben visibili. Per tale motivo, la comunità scientifica ha investito in questi anni nella ricerca di marcatori tumorali specifici per il tumore alla vescica: “I biomarcatori rappresentano sicuramente il futuro per quanto riguarda la diagnosi e la terapia delle neoplasie vescicali, poiché permetteranno a breve di poter effettuare diagnosi più precise e di personalizzare i trattamenti sulla base delle caratteristiche dei pazienti e della loro probabilità di rispondere a determinate terapie”, spiega Guglielmo Mantica, urologo, ricercatore presso la Clinica Urologica di Genova, diretta dal prof. Carlo Terrone, che ha trattato l’argomento al Congresso sul tumore della vescica recentemente svoltosi a Chieti. “I biomarcatori attualmente più promettenti tra quelli studiati per il carcinoma della vescica abbiamo le cellule tumorali circolanti, la ‘biopsia urinaria’, la ricerca di DNA, RNA e proteine tumorali nelle urine e nel plasma.”
IL PROGETTO BCMOLMED
Il progetto Molecular Medicine for Bladder Cancer BCMOLMED, finanziato dall’UE, ha utilizzato tecnologie omiche per identificare biomarcatori per il cancro della vescica. Una combinazione di biomarcatori urinari con esame citologico ha rivelato più di 100 peptidi urinari diversamente escreti tra i pazienti con cancro della vescica ricorrente e pazienti senza un segno di recidiva per almeno 1 anno. Questi importanti risultati sono stati pubblicati su Nature Reviews Urology. Gli studi sul ruolo delle proteine hanno rivelato che i livelli dei fattori NIF-1 e H2B nelle urine di pazienti affetti da malattie urologiche benigne sono significativamente diversi rispetto a quelli presenti nei pazienti con cancro della vescica. Il fattore NIF-1 ha mostrato una diminuzione dei livelli di espressione dei tessuti con il progredire del cancro della vescica da cancro non invasivo a livello muscolare a invasivo, mentre il fattore H2B ha presentato la tendenza opposta. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Proteome Research.
LA RECENTE SCOPERTA DELLA PROTEINA NUMB A MILANO
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia IEO e dell’Università degli Studi di Milano, coordinato dal prof. Salvatore Pece, ordinario di Patologia Generale e Vicedirettore del Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università Statale di Milano, direttore del Laboratorio Tumori Ormono-Dipendenti e Patobiologia delle Cellule Staminali dello IEO, ha condotto uno studio che ha portato alla scoperta di un inedito meccanismo molecolare alla base dell’aggressività biologica e clinica dei tumori della vescica. I dati sono appena stati pubblicati su Nature Communications. All’origine dell’intero processo sembrerebbe essere la proteina NUMB, normalmente espressa nella vescica, ma che viene perduta in oltre il 40% di tutti i tumori vescicali umani. Tale perdita causa una cascata di eventi molecolari, che rendono il tumore altamente proliferativo e invasivo, consentendogli di oltrepassare gli strati superficiali della mucosa vescicale per raggiungere gli strati più profondi. Tale evento rappresenta il punto di svolta nella evoluzione clinica della malattia, determinando la progressione dei tumori vescicali superficiali, i cosiddetti non-muscolo-invasivi, verso tumori profondi, definiti muscolo-invasivi, che richiedono l’intervento di rimozione chirurgica totale della vescica. Nonostante l’operazione radicale, queste forme di malattia sono caratterizzate da un decorso clinico spesso sfavorevole. “La proteina NUMB funziona come un interruttore molecolare”, spiega Pece. “Se è spento, accelera la progressione tumorale e influenza il decorso clinico della malattia. Rappresenta quindi un biomarcatore molecolare che consente di identificare i tumori superficiali a elevato rischio di progressione verso tumori muscolo-invasivi. La nostra scoperta ha un forte e immediato potenziale di applicazione nella pratica clinica”, continua. “I criteri clinico-patologici utilizzati nella routine per predire il rischio di progressione dei tumori vescicali superficiali a tumori muscolo-invasivi sono infatti del tutto insufficienti e inadeguati a individuare i pazienti a basso rischio, che potrebbero beneficiare di trattamenti più mirati, di tipo conservativo, in protocolli di sorveglianza attiva. I pazienti ad alto rischio necessitano invece di trattamenti più aggressivi, quali la chemioterapia e l’asportazione chirurgica della vescica, che hanno purtroppo considerevoli effetti collaterali e un elevato impatto sulla qualità della vita.”
“Abbiamo analizzato il profilo molecolare sia in cellule in coltura e animali di laboratorio sia in campioni di tumori umani privi dell’espressione di NUMB”, aggiunge il dott. Francesco Tucci, dottorando di ricerca presso la Scuola Europea di Medicina Molecolare, primo autore dello studio. “Abbiamo così osservato che la perdita di NUMB attiva un complesso circuito molecolare che conduce all’attivazione di un potente oncogene, il fattore di trascrizione YAP. Quest’ultimo è alla base del potere proliferativo e invasivo delle cellule tumorali.”
“In esperimenti di laboratorio, abbiamo dimostrato che è possibile inibire la capacità proliferativa e invasiva delle cellule tumorali prive di NUMB, utilizzando farmaci in grado di colpire questo complesso circuito molecolare a diversi livelli”, spiega la dott.ssa Daniela Tosoni, ricercatrice presso il Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università di Milano e dello IEO, che ha contribuito alla supervisione dello studio. “I tumori della vescica privi di NUMB sono quindi molto aggressivi ma anche altamente vulnerabili.” Sono infatti già disponibili alcuni farmaci molecolari impiegati in clinica per patologie differenti dal tumore vescicale, che potrebbero rapidamente essere sperimentati e adottati come trattamenti innovativi per prevenire la progressione clinica dei tumori vescicali superficiali ad alto rischio, privi della proteina NUMB.
ALCUNI MARCATORI GIÀ UTILIZZATI NELLA PRATICA CLINICA
BLADDER CANCER ANTIGEN
BCA è spesso presente in quantità elevate nei pazienti affetti da cancro della vescica. Il test utilizza una combinazione unica di anticorpi monoclonali e policlonali per determinare in maniera selettiva sia il BCA che l’emoglobina. La rilevazione di emoglobina aumenta la sensibilità del test soprattutto durante gli stadi avanzati del tumore alla vescica che sono generalmente caratterizzati dalla presenza di sangue nelle urine. Oggi quindi è possibile tramite un semplice test delle urine fare prevenzione specifica per il tumore alla vescica.
MCM5
Il test consiste nel rintracciare la MCM5, una proteina presente in elevata quantità nelle urine di pazienti affetti da tumore della vescica. Questa metodica è stata introdotta nella pratica clinica presso l’Ospedale San Carlo di Nancy di Roma, e si basa sulla rilevazione della proteina MCM5 prodotta dalle sole cellule tumorali.