I pazienti Italiani con la diagnosi di infarto miocardico acuto vengono seguiti nelle Cardiologie secondo standard di cura ottimali, attraverso procedure come l’angioplastica e coronarografia, che hanno contribuito a ridurre dal 16 all’8% la mortalità a 30 giorni dall’evento acuto. I Cardiologi della Sanità pubblica utilizzano al meglio le risorse farmacologiche offerte dal Ssn, avvalendosi delle più efficaci combinazioni di farmaci. Occorre però migliorare la gestione dei fattori di rischio e del percorso di cura, per ridurre l’incidenza dell’infarto e la mortalità durante e dopo il ricovero. Queste le principali indicazioni che emergono dall’audit clinico condotto e promosso dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri Anmco, con il sostegno non condizionante di Amgen, presentato nei giorni scorsi nel corso del LV Congresso Nazionale dell’Associazione. Si tratta della prima esperienza italiana di questo genere in ambito sanitario, realizzata all’interno di 50 Centri cardiologici ospedalieri distribuiti sul territorio nazionale con il coinvolgimento di oltre 500 Cardiologi, circa il 10% di tutti gli Specialisti che operano nella Sanità pubblica. I dati emersi hanno dimostrato l’efficacia di questo strumento nel potenziamento dei percorsi di cura dei pazienti ricoverati dopo un episodio di infarto. Rilevato in particolare un miglioramento nel follow-up, passando da circa un 70% a oltre l’80% di pazienti che hanno fatto 1 visita di controllo a 4-6 settimane dalla dimissione. Aumentata inoltre la percentuale di pazienti che ha raggiunto gli obiettivi terapeutici raccomandati dalle Linee Guida e i livelli di sicurezza del colesterolo, fondamentali per una migliore prognosi, salendo dal 65 a oltre l’80%, e si è dimezzata la quota dei pazienti che non andava a target.
“Il Congresso nazionale è l’appuntamento più atteso nel panorama scientifico della Cardiologia italiana che ha un ruolo sempre più centrale e attivo all’interno del Servizio Sanitario Nazionale”, dichiara Fabrizio Oliva, presidente Anmco e direttore della Cardiologia 1, Ospedale Niguarda di Milano. “Siamo positivamente colpiti dai dati di audit clinico che ha verificato l’operato di un cospicuo numero di strutture e operatori sanitari italiani, con un’attenzione particolare alla prevenzione secondaria dei pazienti con infarto miocardico acuto. Intervenire, laddove si presentino punti di debolezza nella presa in carico e assistenza di questi pazienti per migliorare le cure e ridurre la mortalità, è nostro dovere e missione di Anmco.”
Ogni anno in Italia si registrano 130-150mila nuovi casi di infarto miocardico acuto: oltre 25mila pazienti muoiono prima di arrivare al ricovero; l’8% dei pazienti ricoverati muore entro 30 giorni dalla dimissione dall’ospedale; circa l’8-10% muore entro 1 anno. Complessivamente, dal 16 al 20% delle persone che sopravvivono a un infarto muore entro 12 mesi dal ricovero ospedaliero. Le tecniche di rivascolarizzazione hanno permesso di dimezzare la mortalità entro i 30 giorni, che in passato superava il 15%. La mortalità fuori ospedale, invece, non è migliorata, e questo evidenzia l’importanza di seguire i pazienti in modo adeguato sul territorio per assicurare la continuità delle terapie e della riabilitazione cardiologica. “Ci sono margini rilevanti per ridurre la mortalità post-infartuale dei pazienti Italiani e per tali ragioni abbiamo voluto guardare cosa succede dentro le nostre Cardiologie e attivare un processo interno di verifica, valutazione e formazione volto a migliorare il governo clinico, l’attività delle strutture cardiologiche ospedaliere e la gestione del paziente con sindrome coronarica acuta”, afferma Furio Colivicchi, past president Anmco, direttore della Cardiologia Clinica e Riabilitazione, Ospedale San Filippo Neri, Roma, coordinatore nazionale del programma di audit. “Anmco ha trovato in questo progetto finalizzato alla salute pubblica e condotto secondo i criteri dell’audit clinico, un alleato virtuoso come Amgen, sensibile a questi specifici temi. Da questa alleanza – dichiara – è nata la possibilità di realizzare un percorso di miglioramento della qualità delle cure che ad oggi non ha paragoni nel nostro Paese.”