La febbre West Nile è una malattia provocata dal virus West Nile (WNV), della famiglia dei Flaviviridae, isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, appunto nel distretto West Nile, da cui prende il nome. È diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America. I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il virus colpisce anche altri mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri.
INCUBAZIONE E SINTOMI
Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario. La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera; nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari; negli anziani e nelle persone debilitate, la sintomatologia può invece essere più grave.
I sintomi più severi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale.
DIAGNOSI
La diagnosi viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (ELISA o immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a 1 anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi. È quindi consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa, la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale.
PREVENZIONE
Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare. Pertanto, è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente, e quindi:
- Usare repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto;
- Usare delle zanzariere alle finestre;
- Svuotare di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante;
- Cambiare spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali;
- Tenere le piscinette per i bambini in posizione verticale quando non sono usate.
TERAPIA E TRATTAMENTO
Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi, è necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita.
fonte: Iss