Italiani, nutrigenomica, latte materno e lievito

Che cosa studia la nutrigenomica? Ben 1 italiano su 3 ha risposto correttamente, riconoscendola come la scienza che studia gli effetti che gli alimenti hanno all’interno delle nostre cellule (33% del campione); e cosa avrà risposto il restante 67%? Oltre agli astenuti (27%) e a chi si è confuso dando una risposta plausibile ma errata (39%), per fortuna c’è solo un 1% del campione che ha identificato la nutrigenomica come la scienza che sviluppa nutrimento in pillole. Sono questi alcuni risultati di un questionario dell’Osservatorio Nestlé-Fondazione ADI sottoposto agli Italiani.

Interrogati poi sugli acidi grassi presenti nel latte materno, gli Italiani iniziano a vacillare: ben il 95% del campione femminile ha risposto in maniera scorretta o si è astenuto dal dare una risposta. Solo il 5% delle donne e il 7% degli uomini hanno correttamente riconosciuto il palmitico come il maggior componente acido del latte materno. Rimanendo sempre in tema “maternità”, la media sale un po’ quando si parla di dieta povera di carboidrati in gravidanza. Quali rischi comporta? Il 35% del campione ha risposto correttamente (maggior rischio di sottopeso per il neonato e di obesità per il bambino durante l’infanzia); solo l’8% ha risposto in maniera scorretta, mentre il 57% si è astenuto dal rispondere.

Intolleranze e allergie sono tra i temi più dibattuti degli ultimi tempi. Proprio per questo, la ricerca ha voluto indagare anche la conoscenza degli Italiani in materia. Il risultato? Promossi sul latte, bocciati sul lievito: solo il 14% del campione ha dichiarato di essere intollerante al lattosio, ma ben l’85% sa esattamente che questa intolleranza dipende da una carenza dell’enzima lattasi.

Un po’ di confusione invece riguarda il lievito: il 12% del campione dichiara infatti di esservi intollerante; e a pensarlo sono soprattutto le persone obese (17%) che dichiarano di avvertire gonfiore e spossatezza, apparentemente sintomi della presunta allergia. L’intolleranza al lievito, tuttavia, non è scientificamente provata. “In questi ultimi anni è cresciuto il numero di pazienti che dichiara di soffrire di improbabili allergie e/o intolleranze. Questo dato deve farci riflettere. È molto probabile infatti che il dilagare di allarmismi infondati dipenda da uno scorretto metodo di informazione e diagnosi, che non può assolutamente essere quello del ‘fai da te’, soprattutto se si considera che la percentuale di popolazione in sovrappeso continua a crescere (28% nel 2009 rispetto al 30% nel 2016). C’è ancora troppa confusione. Quindi un primo passo verso una maggiore consapevolezza potrebbe essere l’affidarsi un po’ meno all’esperienza personale e lasciare al medico la diagnosi di reali patologie”, commenta il dott. Giuseppe Fatati, Presidente della Fondazione ADI e coordinatore scientifico dello studio.