La sindrome premestruale

Il ciclo mestruale è vissuto dalle donne nelle maniere più diverse, alcune non riscontrano fastidi o malesseri, mentre altre manifestano una vera e propria sofferenza, che le costringe nei casi più acuti a rinunciare alle normali attività quotidiane. Tra i sintomi più comuni ricordiamo mal di schiena, mal di testa, gonfiore addominale dato dalla ritenzione idrica, mal di pancia e malumore derivante dall’azione degli ormoni stipsi, dolori muscolari, comparsa di foruncoli. Ma spesso si parla di sindrome proprio perché caratterizzata da una varietà di sintomi e manifestazioni; oltre a quelli fisici sopra elencati vanno anche considerate tutte le ripercussioni comportamentali e psicologiche che possono manifestarsi in quei giorni come: cambi di umore repentini, ansia, insonnia, irritabilità ed aggressività, crisi di pianto, stanchezza, attacchi di fame anche incontrollabili con voglia di alimenti dolci. Ogni donna vive a suo modo queste manifestazioni, che possono essere presenti come uno o più sintomi contemporaneamente ed essere più o meno intensi; sembra però comune a tutte il fatto che questa sindrome peggiori nel tempo, complice anche lo stress della vita accelerata di oggi. I sintomi di solito scompaiono all’arrivo del ciclo mestruale. Per quanto riguarda le cause si pensa che concorrano diversi fattori che agendo sinergicamente provocherebbero la comparsa dei sintomi. Il più conosciuto fra i fattori scatenanti è la carenza di magnesio, responsabile del mal di testa, dei crampi muscolari e dei dolori all’utero; questa carenza sembra sia dovuta ad un incremento della produzione di ormoni, come l’aldosterone, che regolano il bilancio dei sali minerali nel nostro corpo. Lo squilibrio ormonale è l’altra grande causa della sindrome premestruale: un innalzamento del livello di estrogeni e di prolattina è alla base dell’aumento di volume e del dolore al seno, della ritenzione idrica che causa stipsi e dell’aumento di peso. Infine sembra che si verifichi una diminuzione di dopamina e serotonina, endorfine in grado di regolare il tono dell’umore. Gli stati depressivi transitori, facenti parte della sindrome, potrebbero essere dovuti inoltre ad una carenza di vitamina B6, coinvolta nella sintesi di serotonina e dopamina. La dopamina ha un effetto inibitorio sulla prolattina, pertanto l’alterato equilibrio di produzione di queste endorfine scompensa anche la produzione di prolattina.

INCIDENZA
Circa l’80% delle donne potrà lamentare sintomi più o meno sgradevoli in prossimità del flusso mestruale. Approssimativamente, nel 10-40% delle donne, questi disturbi avranno una qualche ripercussione sulla loro attività lavorativa e sul loro stile di vita, mentre solo nel 5% delle donne in età riproduttiva si potrà configurare il quadro tipico della sindrome premestruale. Il ruolo più importante per porre diagnosi di PMS è svolto dalla gravità dei sintomi che si manifestano nella fase premestruale e dall’entità della loro remissione dopo il flusso mestruale. La sindrome premestruale può avere ripercussioni a livello sociale e coniugale. Infatti, nei casi più gravi, possono riscontrarsi uno scarso rendimento nel lavoro fino all’assenteismo, alterazioni del desiderio sessuale, isolamento sociale. Eccezionalmente, le donne affette da questa sindrome si rendono responsabili di comportamenti psicotici (suicidio ecc.) o, addirittura, di atti criminali. Proprio per questa eventualità, la sindrome premestruale viene riconosciuta dalla legislazione di alcuni paesi (Inghilterra, Francia) come una condizione attenuante.
Di solito la sindrome non scompare da sola ma modificando lo stile di vita od utilizzando una qualche forma di terapia. Non esistono dati sul comportamento della sindrome al momento del passaggio verso la menopausa ma sembra che l’approssimarsi della fine delle mestruazioni possa influenzarla positivamente. Non ci sono prove che dimostrino che la sindrome premestruale inizi o si aggravi dopo una gravidanza, né che la sua frequenza aumenti dopo la legatura delle tube. Esistono poche informazioni circa l’influenza dell’ereditarietà sulla sindrome, anche se alcuni dati sembrerebbero provare l’esistenza di fattori genetici.