Gli adulti con leucemia linfoblastica acuta (LLA) di nuova diagnosi potrebbero beneficiare presto di un nuovo standard di cura. Questa incoraggiante notizia arriva dai risultati dello Studio clinico E1910, recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine, che dimostrano come nei pazienti affetti da LLA Ph negativa e senza tracce di malattia rilevabile (MRD negativi) dopo il trattamento iniziale, l’aggiunta dell’anticorpo bispecifico blinatumomab alla chemioterapia di consolidamento aumenta significativamente la sopravvivenza. In particolare, l’aggiunta dell’immunoterapia allo schema di trattamento di prima linea ha permesso una riduzione del rischio di morte del 59%: a circa 3,5 anni, l’85% dei pazienti trattati con blinatumomab è ancora vivo, rispetto al 68% dei pazienti trattati con la sola chemioterapia.
La LLA è un tumore del sangue a rapida progressione con alta mortalità e in Italia si stimano circa 800 nuovi casi tra adulti e bambini. Attualmente il trattamento standard in prima linea della LLA Ph negativa è la chemioterapia, somministrata in 3 fasi: induzione, consolidamento e mantenimento. In Italia, grazie al protocollo chemioterapico di prima linea (GIMEMA LAL 1913), si è riusciti ad ottenere nella pratica clinica importanti risultati nei pazienti adulti con LLA B Ph negativa: a 3 anni il 64,9% dei pazienti è ancora vivo (OS) e il 61,4% non presenta segni di malattia (DFS). Ma a seguito di una ricaduta di malattia, i pazienti risultano avere outcome ancora insoddisfacenti; proprio per questo motivo, è fondamentale prevenire le recidive e migliorare le risposte fin dall’inizio del trattamento, introducendo in prima linea terapie efficaci e innovative. “Questo studio rappresenta un importante passo avanti nel trattamento della LLA perché, per la prima volta, dimostra che il blinatumomab somministrato in prima linea migliora la prognosi dei pazienti con LLA B Ph negativa MRD negativi”, dichiara Robin Foà, professore emerito di Ematologia, Università Sapienza di Roma. “È un risultato rilevante perché, anche per questi pazienti il rischio di recidiva rimane elevato e dunque questo schema potrebbe diventare il nuovo standard di cura. Infatti, alla luce di questi risultati, lo scorso giugno, l’FDA ha approvato, negli Stati Uniti, il trattamento con blinatumomab per i pazienti con LLA B Ph negativa in prima linea, anche MRD negativi.”
La LLA è una patologia eterogenea che comprende diverse tipologie, ognuna con una sensibilità variabile ai trattamenti. Per questo caratterizzarla fin dall’inizio e monitorare la MRD permette di prevedere l’andamento della patologia e guidare il clinico nelle scelte terapeutiche più appropriate. “Grazie alle evidenze di questo studio, blinatumomab potrebbe essere utilizzato nella prima linea di trattamento, prima che si manifesti la recidiva. In questo modo l’innovazione portata da blinatumomab assolverebbe al principale compito a cui noi ematologi siamo chiamati, ovvero quello di migliorare i risultati clinici e ridurre la tossicità causata dalla chemioterapia”, dichiara il prof. Alessandro Rambaldi, ordinario di Ematologia, Università Statale di Milano. “Ma per portare gli effetti desiderati c’è un altro aspetto molto importante da tenere in considerazione, ossia quello di applicare a tutti i pazienti le tecniche di valutazione molecolare della MRD, condizione indispensabile per guidare le scelte terapeutiche dei clinici.”
La MRD è un indicatore che segnala la presenza di una quota minima di cellule tumorali non visibili con i metodi diagnostici tradizionali, nonostante il paziente abbia raggiunto la remissione completa. “Lo sviluppo delle tecniche di valutazione della MRD con la biologia molecolare è uno dei progressi più significativi degli ultimi 20 anni”, afferma ancora Rambaldi. “Quando rileviamo la persistenza di MRD in un paziente apparentemente in remissione, possiamo anticipare una possibile ricaduta e selezionare la strategia migliore per il trattamento.” Anche un minimo errore nel monitoraggio della MRD può fare la differenza per la sopravvivenza del paziente: “In una patologia come la LLA, monitorare la MRD è fondamentale”, continua Foà. “Anche quando il paziente risultata MRD negativo, l’esame deve essere ripetuto più volte nel tempo. Per ottenere dati precisi e attendibili, è essenziale che le indagini siano eseguite in laboratori certificati, con controlli di qualità, tecniche standardizzate e rigide tempistiche. Per questo motivo, in Italia, dal 1996, lo studio dei campioni biologici di LLA arruolati nei protocolli è centralizzato, incluso il monitoraggio della MRD.”