
Al LIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Neurologia SIN 2023, in corso a Napoli, spazio anche alla Neurologia di precisione, termine che indica la “capacità di effettuare interventi mirati e personalizzati nelle malattie neurologiche”, patologie nel nostro Paese fanno registrare “numeri importanti”: oltre 6milioni le persone che soffrono di emicrania, 2/3 circa dei quali sono donne; 1milione coloro che convivono ogni giorno con l’Alzheimer e hanno bisogno di costante assistenza; 400mila affetti da Parkinson; 90mila circa i soggetti con sclerosi multipla, malattia che induce disabilità progressiva; 500mila i pazienti con epilessia. Oltre alle informazioni comunemente ottenute dall’anamnesi del paziente, dall’esame clinico e dalla diagnostica per immagini, la medicina di precisione si avvale anche di informazioni genomiche e metabolomiche e non tradizionali, come i dati di analisi dell’eloquio o di quelli provenienti da device indossabili.
TRATTAMENTI DI PRECISIONE
Diventa di precisione anche il trattamento con terapie mirate, ad esempio su alterazioni genomiche specifiche che possono consentire un intervento tempestivo o la prevenzione di malattie come epilessia, miastenia gravis, disturbi dello spettro della neuromielite ottica e della sclerosi multipla. “Una sorta di ‘Rinascimento Scientifico’ – emerge dal congresso – che per superare i limiti delle tradizionali diagnosi basate su sintomi e segni, implementa i progressi tecnologici e scientifici e punta sullo sviluppo clinico di farmaci […] da usare in popolazioni target eterogenee. […] un passaggio concettuale da trattamenti più o meno efficaci per ‘medie di popolazione’ biologicamente eterogenee a terapie mirate guidate da biomarcatori su misura che definiscono l’approccio terapeutico più efficace per uno specifico individuo, in una determinata fase della malattia.”
OLTRE I FARMACI
Avvalendosi peraltro anche di trattamenti non farmacologici di elevata precisione come la neurostimolazione di precise aree cerebrali tramite microstimolazioni elettriche attentamente calibrate (DBS, tDCS, etc.) o di neurochirurgia con guida ad imaging per condizioni non risolvibili come l’epilessia farmaco-resistente o di chirurgica a ultrasuoni focalizzati guidati da risonanza magnetica (MRgFU) per tumori del sistema nervoso centrale o forme intrattabili di discinesia e di malattia di Parkinson.
MARKER MALATTIA DI PARKINSON
“In quest’ultimo disturbo del movimento l’individuazione precoce è fondamentale ai fini della prognosi”, dichiara il presidente SIN, Alfredo Berardelli, professore emerito della Sapienza di Roma. “La diagnosi della malattia di Parkinson è ancora basata su criteri puramente clinici, ma la scoperta dell’alfa-sinucleina – forma mutata della proteina sinucleina che diviene tossica rendendosi verosimilmente responsabile dei fenomeni di neurodegenerazione che caratterizzano la malattia – ha aperto la strada all’identificazione di questa proteina mutata in vari distretti quali la cute, il sangue, il liquido cefalorachiano e la saliva come possibile marcatore biologico. La saliva offre grandi potenzialità per il futuro ed è dimostrato che le alterazioni dell’alfa-sinucleina salivare si correlano con lo stato clinico del paziente affetto dalla malattia.”
In popolazioni a rischio, è ipotizzabile che le alterazioni della sinucleina possano essere evidenziate anche nelle fasi prodromiche: vari studi hanno dimostrato che già molti anni prima dell’esordio clinico a carico di varie strutture s’instaurano alterazioni di tipo neurodegenerativo che precedono la comparsa dei classici segni clinici di malattia. Uno studio recente indica, ad esempio, che turbe gastroenteriche legate a un processo auto-infiammatorio nei confronti della sinucleina alfa32-46 la precederebbero addirittura di una decina d’anni.
ELETTROCEUTICA
Oltre a marker specifici, la Neurologia di precisione si avvale anche di una nuova area d’indagine, chiamata elettroceutica. Questa è caratterizzata dalla possibilità di acquisire informazioni grazie a moderne strumentazioni con sensori in grado di monitorare, ed eventualmente anche trattare, le condizioni in real life e in real time.
DEVICE INDOSSABILI
Le informazioni ricavabili da device indossabili possono rilevare e monitorare condizioni come epilessia, dolore, malattia di Parkinson o disturbi del sonno. In un recente studio sono state utilizzate cuffiette bluetooth dotate di sensori elettrochimici ed elettrofisiologici che consentono il monitoraggio simultaneo della concentrazione di lattato nel sudore auricolare e dell’attività cerebrale, creando una sorta di holter EEGrafico in real life, la cui validità andrà valutata nel tempo su più ampie casistiche.
NUOVI FARMACI DI PRECISIONE
Importante nella Neurologia di precisione il ruolo degli anticorpi monoclonali, molecole progettate in laboratorio per colpire esattamente il meccanismo biologico alla base della malattia. Il loro impiego potrebbe determinare una svolta nel panorama terapeutico di molte malattie, comprese quelle neurologiche, prima fra tutte l’Alzheimer, la più grave delle demenze.
ALGORITMI DI MALATTIA
Già nel 2016 il Gruppo di ricerca clinica in Alzheimer Precision Medicine dell’Università della Sorbona per lo sviluppo dei nuovi farmaci anti-Alzheimer ha avviato l’Alzheimer Precision Medicine Initiative APMI, volta a migliorare assistenza, diagnostica e ricerca tramite programmi di Neuroscienza Traslazionale con algoritmi innovativi di Intelligenza Artificiale basati su genomica esplorativa, biologia e neurofisiologia dei sistemi.
SCLEROSI MULTIPLA
Anche nella sclerosi multipla gli ultimi anni hanno visto un notevole miglioramento guidato dall’evoluzione di algoritmi terapeutici volti a ottimizzare e personalizzare la terapia, passando dal vecchio algoritmo di “escalation” – con un iniziale trattamento basato su farmaci a bassa efficacia, ma con un ottimale profilo di sicurezza – a un algoritmo di “induzione” che utilizza farmaci a più alta efficacia e un profilo di minor sicurezza. Fra questi trattamenti, emerge sempre dal congresso, figurano i farmaci monoclonali ad alta efficacia, sempre più utilizzati nelle prime fasi di malattia, permettendo alla maggior parte dei pazienti trattati di rimanere clinicamente stabili con un ottimo profilo di sicurezza.
SOGLIA DI MALATTIA
“La terapia d’induzione prevede l’uso precoce di farmaci ad alta efficacia per impedire che la malattia superi una certa soglia di danno strutturale oltre la quale i meccanismi di neuroplasticità di compenso vengono esautorati”, afferma il prof. Claudio Gasperini, del San Camillo Forlanini di Roma, coordinatore del Gruppo di Studio SM SIN. Oggi questa malattia è vista come un continuum in cui componente infiammatoria e degenerativa si presentano fin dall’esordio clinico e la comparsa di deficit funzionali viene inizialmente limitata dai meccanismi di neuroplasticità. Se non si interviene tempestivamente sui processi neurodegenerativi con farmaci ad alta efficacia, col passare del tempo il sistema nervoso non sarà più in grado di compensare i danni e si appaleserà una progressione della disabilità su cui non si potrà più intervenire. Alla luce di queste nuove acquisizioni – continuano gli esperti SIN – gli algoritmi terapeutici della sclerosi multipla si sono modificati in maniera sostanziale nel corso degli anni, e il trattamento precoce con farmaci ad alta efficacia è emerso come un momento cruciale nella gestione della sclerosi multipla. Restano sfide e rischi associati a questa strategia, ma l’obiettivo di rallentare la progressione della SM e migliorare la qualità della vita dei pazienti la rende un punto fermo nella gestione moderna di questa malattia.
MALATTIA DI ALZHEIMER
Il concetto di disease-modifying treatment, vale a dire di trattamento capace di modificare il corso della malattia, è stato impiegato spesso nella malattia di Alzheimer. È importante però far capire ai pazienti che non sono la cura della malattia, ma che soltanto la rallentano, anche se per la prima volta in modo vigoroso: “Va chiarito anche che non vanno bene per tutti”, dichiara il prof. Alessandro Padovani, dell’Università di Brescia, presidente Eletto SIN. “Sono indicati in pazienti con malattia precoce e con ridotta probabilità di effetti collaterali, un’eventualità prevedibile con una risonanza magnetica onde escludere problemi del microcircolo cerebrale.”
“ARIA”
L’effetto collaterale più frequente è noto con la sigla ARIA, acronimo di amyloid-related imaging abnormalities, vale a dire alterazioni correlate all’amiloide rilevabili tramite imaging. Possono essere di 2 tipi: E (edema/effusions) o H (hemorrage/hemosiderin deposition). A svelare la loro presenza possono essere sintomi come vertigine, cefalea, disturbi visivi e aumento dello stato confusionale. La loro comparsa controindica il trattamento richiedendo un’attenta valutazione da condurre sempre con attenzione, poiché nell’80% circa dei casi tali sintomi possono anche mancare cosicché, senza un preventivo monitoraggio, il trattamento può peggiorare il quadro. Nel caso del lecanemab, spiega la SIN, è bastato sospendere la terapia per risolvere l’80% delle ARIA. Con cautela va considerato anche chi è in trattamento con anticoagulanti e chi ha nel proprio corredo genetico l’allele APOEε4, il più forte fattore di rischio genetico noto per l’Alzheimer sporadico.
MARKER E GENOMICA
Presto saranno disponibili marcatori plasmatici che, insieme ai dati di genomica e metabolomica, potranno definire meglio il rischio di malattia. Ciò sarà fondamentale se i farmaci biologici contro l’amiloide, in attesa del pronunciamento dell’Ema, risulteranno in grado di garantire un significativo beneficio sulla progressione di malattia. A seconda delle condizioni generali del paziente – continua la SIN – si potrà così decidere se per una diagnosi certa, oltre alla risonanza magnetica cerebrale, sono da effettuare anche altre indagini più invasive o costose come l’esame del liquor e la PET Amiloide.
COFATTORI PREVENTIVI
Stanno intanto emergendo sempre maggiori evidenze secondo cui il controllo di diversi fattori ridurrebbe il rischio di malattia. Non solo scolarità, isolamento, attività fisica, dieta, inquinamento ambientale, eccetera, ma anche fattori di rischio cardiovascolare, incluso diabete, ipertensione arteriosa, obesità e sempre più importante appare il ruolo protettivo di un adeguato e tempestivo trattamento dei disturbi del sonno e/o della depressione.
EMICRANIA
“I monoclonali hanno cambiato anche il trattamento della cefalea più nota: l’emicrania. In questa malattia, una somministrazione sottocutanea mensile, bi o tri-mensile a seconda del brand, elimina gli attacchi dolorosi in chi ne aveva anche 2 o 3 al giorno”, afferma il prof. Gioacchino Tedeschi, past president SIN, presidente del Congresso di Napoli. “Per quanto anche l’uso della tossina botulinica si sia dimostrato assai efficace nella prevenzione dell’emicrania cronica, queste nuove molecole sono capaci, in tempi brevi, di dimezzare il numero di giorni di emicrania in circa il 70% dei pazienti fino ad arrivare, in una piccola ma non trascurabile percentuale di pazienti, alla completa scomparsa degli episodi emicranici.”
“È stata una rivoluzione che da una parte ha scardinato farmaci di prevenzione gravidi di effetti collaterali che duravano da 50anni – dichiara la SIN – e dall’altra ha eroso l’egemonia di farmaci di trattamento acuto da prendere al bisogno come i triptani, che dominavano lo scenario della terapia antiemicrania del nuovo millennio.”
TRATTAMENTO ACUTO DELL’ATTACCO
Anche nel trattamento acuto non si possono dimenticare i ditani (lasmiditan), una sorta di “evoluzione” dei triptani sia in termini di efficacia che di sicurezza, soprattutto in pazienti con comorbilità cardiovascolari. Ci sono poi i gepanti (quali rimegepant, e a breve atogepant) che agiscono sempre sul recettore del CGRP e promettono una rivoluzione nell’approccio terapeutico, potendo essere usati sia come terapia dell’attacco acuto sia come terapia preventiva. Sono risultati di elevata efficacia e pressoché privi di effetti avversi e, da quanto emerso dagli studi preclinici, sono anche caratterizzati da una minor tendenza a indurre i fenomeni di sensitizzazione centrale che sottendono la cronicizzazione dell’emicrania.
MALATTIA DI PARKINSON
“Da un paio d’anni gli anticorpi monoclonali vengono studiati anche nella malattia di Parkinson per colpire l’alfa-sinucleina, la proteina anomala ormai considerata il marker d’eccellenza di questa malattia, ma ancora non siamo arrivati a individuare il monoclonale giusto”, dichiara il prof. Berardelli. “Occorreranno ulteriori studi per dimostrare se lo sviluppo di monoclonali rivolti unicamente verso la questa proteina possano rappresentare una terapia efficace.”
EPILESSIA
Un’altra malattia in cui il trattamento con monoclonali sta muovendo solo i primi passi è l’epilessia, o meglio le epilessie, dato che secondo l’ultima classificazione ILAE 2017 si distinguono almeno una trentina di diverse sindromi epilettiche. “Se finora siamo ancora solo in fase di studio per il monoclonale anti-HMGB1, acronimo di high mobility group box-1, il trattamento di queste malattie ha avuto comunque un’importante evoluzione e oggi possono essere trattate sia con farmaci, sia con terapie adiuvanti di neurostimolazione che consentono di evitare le crisi o di ridurne frequenza e intensità nella stragrande maggioranza dei casi, quietando l’ipereccitabilità del focus epilettico”, afferma il prof. Antonio Labate, dell’Università di Messina, coordinatore nazionale del Gruppo di Studio sull’Epilessia SIN. “Ciò a patto però di una regolare assunzione dei farmaci e di una loro adeguata concentrazione plasmatica (che va sempre controllata con costanti dosaggi ematici).”
AMPIO PORTAFOGLIO
Molti i farmaci oggi disponibili, ricorda la SIN: dal vecchio fenobarbital ai nuovi cenobamato e felbamato . Fra i più recenti ci sono il cannabidiolo e la fenfluramina prima utilizzata per l’obesità e risultata adatta nelle encefalopatie epilettiche dell’età pediatrica. Considerando la variabilità interindividuale, è ormai possibile prevedere l’efficacia attesa da ognuno di questi farmaci nelle varie forme di epilessia e infatti, a seconda dei casi, uno stesso farmaco può essere di volta in volta considerato di prima o di seconda scelta, di associazione o ancora è possibile iniziare combinando direttamente farmaci dal diverso meccanismo d’azione.
NEUROCHIRURGIA DI PRECISIONE
Fa eccezione a queste regole un 30% di pazienti farmaco-resistenti, nei quali risultano inefficaci anche i trattamenti adiuvanti di neurostimolazione. In questi casi, è comunque sempre possibile ricorrere ai trattamenti ablativi in stereotassi con guida in risonanza magnetica, che eliminano il focus epilettico, una tecnica neurochirurgica dalla precisione sempre più affinata dimostratasi di particolare efficacia nei giovani.
MALATTIE NEUROMUSCOLARI
Un esempio dell’opportunità d’intervento di questa nuova figura di Neurologo è un altro gruppo di malattie, che ha vissuto un’innovazione terapeutica propria: si tratta delle distrofie muscolari, malattie ereditarie caratterizzate da alterata produzione di proteine essenziali al funzionamento delle fibre muscolari, prima fra tutte, la distrofina. La forma peggiore è la distrofia di Duchenne: fino al 2014, ricorda la SIN, non esisteva cura efficace; quell’anno l’Ema ha approvato il farmaco ataluren, poi autorizzato nel 2021 dall’Aifa per pazienti che ancora conservano la deambulazione e che nel loro corredo genetico sono portatori di una specifica mutazione nonsense che ataluren corregge. “Il farmaco è disponibile e rimborsabile in Italia e ripristina parzialmente l’integrità della distrofina, in mancanza della quale si verifica danno e morte della maggior parte delle fibre muscolari scheletriche, anche se purtroppo funziona solo in un numero limitato di pazienti portatori di una specifica mutazione”, dichiara il prof. Antonio Toscano, segretario SIN, e tesoriere EAN. All’ataluren è seguito l’eteplirsen che mantiene le stesse limitazioni di target terapeutico: è un inibitore della istone-deacetilasi che riduce l’infiltrazione di tessuto adiposo del tessuto muscolare. “Entrambi questi farmaci – prosegue Toscano – hanno modificato la storia naturale della malattia, ma poiché hanno indicazione dal secondo anno di vita, la diagnosi precoce è fondamentale: i primi sintomi della malattia compaiono peraltro proprio intorno ai 4-5 anni, per essere seguiti da un ingravescente peggioramento della funzione muscolare che spesso già nella prima adolescenza costringe alla sedia a rotelle per poi progredire, fino alla necessità della ventilazione assistita creando una condizione che spesso è causa di exitus.”
MIASTENIA
Anche la miastenia è una malattia neuromuscolare autoimmune che provoca una debilitante debolezza muscolare che nella rara forma generalizzata mette potenzialmente il paziente in pericolo di vita. Anche in queste malattie prima trattate con cortisonici, plasmaferesi e nei casi più gravi con timectomia, sono stati sviluppati monoclonali come l’eculizumab che agisce come inibitore del complemento e anche bloccanti del recettore Fc delle immunoglobuline come l’efgartigimod che hanno rivoluzionato l’approccio terapeutico di questi pazienti.
SMA
Anche l’atrofia muscolare spinale – conclude la SIN – è una malattia genetica che è importante sospettare e riconoscere precocemente mediante specifici esami genetici in modo da trattarla con moderni farmaci specifici (zolgensma, risdiplam, spinraza), finalmente in grado di consentire ai pazienti di raggiungere le tappe motorie entro i normali tempi di sviluppo.