Una delle cause del linfedema è l’obesità. “In questi casi – spiega la nutrizionista Adriana Carotenuto – l’alimentazione deve essere ipocalorica. Meglio aumentare il contenuto di fibre nella dieta, di legumi, frutta fresca, cereali integrali e frutti di bosco. Bisogna bere 2 litri di acqua al giorno e ridurre drasticamente il sale. In alcuni casi è consigliabile l’utilizzo di integratori flebotonici, drenanti e basificanti.” Secondo le stime più recenti, sono 200mila le persone colpite, in tutto il Paese, da linfedema primario (quindi ereditario e localizzato agli arti inferiori); 150mila quelle colpite da linfedema secondario (arti superiori) legato spesso a trattamento chirurgico o radioterapico a seguito di un tumore. I dati sono tuttavia approssimativi perché, anche a causa della mancanza di un registro ad hoc non si riesce ad avere un monitoraggio preciso. “Il linfedema – spiega Lanfranco Scaramuzzino, chirurgo vascolare durante un recente incontro nell’aula Giuseppe Negro della Federico II – è una malattia cronica, progressiva e molto invalidante. La sua evoluzione attraversa quattro stadi, tutti caratterizzati dal rallentamento della circolazione linfatica, con un aumento del volume e del peso dell’arto o del segmento corporeo colpito. Ovviamente questo comporta anche gravi problemi psicologici e compromette notevolmente la qualità di vita del paziente. In Campania, e nel resto d’Italia, manca un’assistenza omogenea e adeguata. I pazienti finiscono spesso nelle mani di personale, anche non sanitario, scarsamente formato.”
La Campania è tra le regioni più colpite da linfedema. Stando ai dati dell’OMS, ogni anno in Italia si registrano 40mila nuovi casi e la regione (che purtroppo vede crescere i soggetti obesi di anno in anno e detiene il triste primato dell’obesità infantile) è fanalino di coda.