Dalle lipossine una possibile cura per la Sclerosi Multipla

Uno studio internazionale, pubblicato su Cell Reports, individua nelle lipossine un possibile trattamento della Sclerosi Multipla, malattia autoimmune/degenerativa con la quale in Italia si confrontano quotidianamente circa 130mila persone. Le lipossine sono le molecole che iniziano la fase conclusiva di un processo infiammatorio acuto, innescando la successiva produzione delle resolvine, ossia le molecole responsabili dei processi di riparazione e ripristino dell’equilibrio con l’ambiente esterno dei tessuti danneggiati. Tre i centri di ricerca impegnati nel tentativo di utilizzare queste molecole per bloccare l’infiammazione nella sclerosi multipla: la Fondazione Santa Lucia IRCCS; l’Università di Amsterdam e l’Università di Berna. Il lavoro vede inoltre la collaborazione della Harvard Medical School, USA, ed è co-finanziato dal Ministero della Salute e dalla Fondazione italiana Sclerosi Multipla, braccio della ricerca AISM.

A Roma, Amsterdam ed Harvard lavorano tre esperti di fama internazionale delle resolvine applicate alla Sclerosi Multipla. Questo lavoro ha unito i dati e le competenze dei gruppi di ricerca del dott. Chiurchiù, del dott. Kooij e della dott.ssa Enzmann, proseguendo il lavoro del dott. Serhan, dell’Università di Harvard, scopritore delle lipossine (1984) e delle resolvine (2010). Questa collaborazione nella ricerca ha permesso la condivisione di dati e modelli sperimentali utilizzando anche campioni di pazienti colpiti da Sclerosi Multipla, accelerando il processo verso la possibile traslazione in nuovi farmaci che possano aiutare le persone ad affrontare la malattia.

Il lavoro è frutto di 2 anni di collaborazione e ha visto la partecipazione di 14 ricercatori. Iniziato da una condivisione di conoscenze e di lavori, e da un’idea del dott. Chiurchiù e del dott. Kooij. Nonostante la pandemia abbia ridotto gli scambi di materiali e campioni tra gli istituti di ricerca coinvolti, la realizzazione è stata resa possibile in tempi comunque brevi grazie all’esperienza del dott. Serhan, ai modelli disponibili presso l’Università di Berna ai campioni di sangue e plasma forniti dal Santa Lucia IRCCS.

“L’obiettivo è stato quello di verificare la possibile efficacia delle lipossine nel correggere quei processi immunitari autoreattivi che nella sclerosi multipla portano al riconoscimento e distruzione della guaina mielinica”, spiega Valerio Chiurchiù, neuroimmunologo, ricercatore dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale CNR di Roma e della Fondazione Santa Lucia IRCCS, prima firma dello studio. “Tale reazione autoimmune è principalmente mediata da alcune popolazioni specifiche di linfociti T CD4 e CD8, ossia i Th1 e Th17 e i linfociti citotossici. I risultati dello studio hanno dimostrato l’effettiva capacità delle lipossine di modulare queste popolazioni di linfociti autoreattivi in modelli sperimentali.”

Il lavoro di ricerca è basato sulla stimolazione e l’introduzione di molecole prodotte dall’organismo – le lipossine appunto – che innescano il processo di risoluzione dell’infiammazione attraverso la produzione delle resolvine. Queste molecole sono necessarie per interrompere e guarire l’infiammazione che, nel caso della Sclerosi Multipla, è il processo scatenante della malattia. Utilizzare per nuove terapie molecole già prodotte dall’organismo (endogene) è importante perché tende a ridurre gli effetti collaterali e ad agire direttamente sui processi naturali il cui equilibrio è stato interrotto dalla malattia, senza sopprimere il sistema immunitario.

È un approccio nuovo alla Sclerosi Multipla, e alle patologie infiammatorie croniche in generale, perché invece di inibire il processo infiammatorio agisce per risolverlo utilizzando i sistemi già presenti nell’organismo. Deriva dalla ricerca applicata alla Sclerosi Multipla dallo stesso gruppo del Santa Lucia IRCCS in cui era stato osservato, in un lavoro pubblicato nel 2020, una produzione ridotta o addirittura assente di lipossine e quindi anche di resolvine, in pazienti con Sclerosi Multipla. Questo ha fornito l’idea e la base necessari per approfondire il ruolo terapeutico delle lipossine.

Secondo quanto riscontrato dai ricercatori, il trattamento continuato nel tempo con le lipossine bloccherebbe infatti l’infiltrazione dei linfociti CD4 e CD8 nel midollo spinale e le risposte autoreattive di Th1, Th17 e linfociti citotossici, migliorando i sintomi, il decorso della malattia e il profilo dei lipidi infiammatori in modelli sperimentali malati. Sono stati osservati effetti simili anche nei linfociti T estratti da pazienti con sclerosi multipla e trattati in vitro con le lipossine.

“Per la ricerca – conclude Chiurchiù – la sfida ora è capire i difetti molecolari più specifici che sono alla base della mancata produzione di lipossine. Capire dove avviene questo deficit: se nel sangue, nel cervello stesso o in quali cellule, e individuare il momento in cui viene sviluppato questo deficit, se prima o dopo il manifestarsi dei sintomi della malattia. Siamo già al lavoro per rispondere a queste domande.”

Il meccanismo anti-infiammatorio che si ottiene utilizzando le lipossine in questa nuova strategia terapeutica potrebbe essere utile e replicabile anche su altre patologie croniche autoimmuni infiammatorie, come ad esempio l’artrite reumatoide, la psoriasi e molte altre, che vedono nell’infiammazione cronica un momento fondamentale dello sviluppo delle lesioni. Questo è particolarmente importante considerata la sempre maggiore diffusione di questo tipo di patologie nei Paesi industrializzati.