Sclerosi multipla. “Non conosce età”, ma è più frequente tra i 20 e i 40 anni

La sclerosi multipla è la malattia infiammatoria-demielinizzante-degenerativa disimmune cronica più frequente del sistema nervoso centrale, che può esordire ad ogni età ma viene più comunemente diagnosticata tra i 20 e i 40 anni. Nel LIV Congresso della Società Italiana di Neurologia SIN, recentemente svoltosi a Roma, è stato fatto il punto sulla patologia e sulle novità relative a diagnosi e terapie. “Le manifestazioni cliniche e il decorso della malattia sono estremamente variabili da paziente a paziente”, spiega il prof. Massimo Filippi, ordinario Università Vita e Salute San Raffaele di Milano. “Il costante aggiornamento dei criteri diagnostici, l’ultimo dei quali del 2024, ha portato ad una progressiva anticipazione della diagnosi con conseguente possibilità di decisioni terapeutiche sempre più precoci. Chiare evidenze scientifiche dimostrano che è fondamentale iniziare il trattamento appena la malattia viene diagnosticata al fine di modificare l’andamento e ridurre lo sviluppo di disabilità clinica irreversibile. Il trattamento della SM rappresenta uno scenario in rapida e costante evoluzione, con nuove molecole in diverse fasi di sperimentazione e altre in fase di valutazione da parte delle Autorità regolatorie. Negli ultimi anni, il panorama del trattamento della SM si è evoluto in modo sostanziale grazie all’introduzione di terapie modificanti la malattia (DMT, disease-modifying treatment, ndr) sempre più efficaci. Le DMT attualmente disponibili vengono distinte in DMT ‘a efficacia moderata’ e DMT ‘ad alta efficacia’. La scelta del trattamento tra queste […] è generalmente influenzata da diversi aspetti, tra cui il profilo del paziente con SM, le linee guida disponibili, l’accesso limitato a specifici trattamenti a causa delle restrizioni legate alla loro rimborsabilità, e le preoccupazioni sulla sicurezza. Crescenti evidenze – prosegue – suggeriscono tuttavia che l’inizio precoce delle DMT ad alta efficacia ha un impatto positivo a lungo termine sulla progressione della malattia nei pazienti con SM. Diventa pertanto fondamentale identificare il miglior approccio terapeutico al momento giusto per il singolo paziente. Un panel di esperti nazionali, che ho coordinato, ha recentemente raccomandato di considerare una strategia di trattamento con utilizzo precoce di farmaci ad elevata efficacia, tenendo in considerazione il profilo di sicurezza del farmaco, la severità di malattia, l’attività clinica e/o radiologica, fattori correlati al paziente tra cui le sue preferenze del paziente. L’espandersi delle conoscenze sui processi fisiopatologici della malattia – afferma ancora – sta anche guidando la sperimentazione di molecole con nuovi meccanismi d’azione o di penetrazione a livello del sistema nervoso centrale. Combinati con gli sviluppi in ambito di trattamenti sintomatici e riabilitativi della malattia e con la progressiva disponibilità di biomarcatori per il monitoraggio del decorso della stessa, questi approcci sono promettenti per un miglioramento della qualità di vita del paziente con SM e per una riduzione dei costi per la società e il sistema sanitario nazionale.”