Con l’obiettivo di disegnare una nuova e più appropriata presa in carico del paziente chirurgico, prima, durante e dopo il ricovero, garantendo un’assistenza di qualità ai cittadini senza ulteriori costi a carico di strutture ospedaliere e territorio, nasce l’Associazione di Promozione Sociale Redirect Pain, che nei giorni scorsi ha presentato le proprie proposte operative alla presidente della III Commissione Sanità e Politiche Sociali di Regione Lombardia, Emanuele Monti. “In Lombardia, ogni anno più di 150mila persone si sottopongono a procedure chirurgiche”, spiega Andrea Fanelli, dirigente medico Anestesia e Rianimazione Policlinico di Monza, tra i soci fondatori di Redirect Pain. “Il dolore è un sintomo che spesso precede, accompagna e prosegue oltre l’operazione, diventando una sorta di minimo comune denominatore della transizione territorio-ospedale-territorio. Il dolore che frequentemente caratterizza l’osteoartrosi e le patologie a carico della schiena è il motivo per cui il paziente si sottopone a trattamenti chirurgici. Dolore che ancora oggi caratterizza in modo severo la fase post-operatoria di 1 paziente su 2. Questo dolore acuto può portare a un aumento delle complicanze post-operatorie, inficiare la ripresa funzionale e trasformarsi in un problema persistente. Considerando solo le protesi dell’arto inferiore, la chirurgia mammaria e quella toracica, sono quasi 14mila i pazienti lombardi che ogni anno possono sviluppare dolore persistente post-operatorio, con pesanti ripercussioni sulla loro qualità di vita e la richiesta di ulteriori prestazioni a carico del servizio sanitario. È quindi urgente sviluppare nuovi modelli organizzativi per una gestione più efficace del dolore peri-operatorio affinché non cronicizzi, impattando sulla sostenibilità del sistema.”
Si tratta di un’urgenza, evidenziano gli specialisti di Redirect Pain, ulteriormente aggravata dagli ultimi 2 anni di pandemia, che hanno ridotto il numero degli interventi, allungando le liste d’attesa. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, per recuperare i ritardi dovuti alla sola prima ondata di Covid, occorrerebbe incrementare la capacità chirurgica del 20%. “Oggi il Sistema Sanitario regionale è chiamato a soddisfare i crescenti bisogni di salute della popolazione e a recuperare le prestazioni sanitarie non erogate durante la fase pandemica”, dichiara Gianluca Russo, presidente Redirect Pain, direttore UOC Anestesia e Rianimazione Ospedale di Lodi. “Di fronte a questo scenario, la sfida che ci siamo posti è quella di sviluppare percorsi assistenziali multidisciplinari per la presa in carico del paziente chirurgico così ‘efficienti’ da garantire cure di qualità senza allungare i tempi di degenza in ospedale, assicurando in tal modo un adeguato turnover dei posti letto, e senza nemmeno trasferire costi e prestazioni al territorio. In questo modo ‘vincono’ tutti: il paziente, l’ospedale e il sistema sanitario nel suo complesso.”
“La nostra strategia – prosegue Russo – si ispira al modello di Servizio per il Dolore di Transizione (SDT) istituito nel 2014 al Toronto General Hospital. La sfida di Redirect Pain è di valutare l’applicabilità del modello nordamericano al sistema sanitario regionale attraverso l’ottimizzazione delle risorse già presenti nelle differenti realtà ospedaliere. Il SDT opera in sinergia con il servizio di Anestesia, di Terapia del Dolore e con le differenti specialità chirurgiche per garantire continuità assistenziale ai pazienti, identifica in fase di pre-ricovero quelli a elevato rischio di sviluppare dolore persistente post-operatorio e procede alla sua diagnosi precoce, evitando che esso venga disperso sul territorio. In caso di dolore persistente, il SDT offre trattamenti specifici in di alleviarlo, grazie all’impiego di tutte le opzioni disponibili, oppioidi inclusi”
Redirect Pain ha già elaborato un percorso specifico per la gestione del dolore peri-operatorio nella protesi di ginocchio e sta costituendo gruppi di lavoro per svilupparne altri su differenti procedure chirurgiche (quelle più impattanti per volume e complessità di gestione), partendo dallo studio della letteratura e delle linee guida ma adattandole ai molteplici contesti clinici di applicazione. Tre i cardini individuati dall’Associazione su cui incentrare tali percorsi in ciascun ospedale, allo scopo di migliorare l’outcome del paziente chirurgico: l’appropriatezza terapeutica, attraverso il corretto utilizzo delle risorse tecniche e farmacologiche attualmente a disposizione, tra cui gli oppiacei, con un approccio focalizzato sulle diverse fasi peri-operatorie; la valutazione delle condizioni di fragilità mediante la stratificazione del rischio, l’adeguamento del processo di consenso informato e il pre-condizionamento; la continuità assistenziale per i pazienti a elevato rischio di sviluppare dolore persistente post-operatorio. L’APS si occuperà di sviluppare programmi educativi per il paziente, che deve essere informato sulle opzioni di trattamento a cui andrà incontro, e percorsi formativi rivolti agli operatori sanitari.