Sono passati due anni dall’entrata in vigore del Decreto Ministeriale n.279 del 9 Novembre 2015, che ha previsto l’erogazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale dei trattamenti a base di cannabis per uso medico, ma i dubbi sono ancora molti: dalle evidenze scientifiche sui benefici ai dosaggi, dalle modalità di allestimento alla stabilità del preparato allestito e somministrato. E per chi di questo si occupa quotidianamente, come i farmacisti ospedalieri che in laboratorio allestiscono le preparazioni galeniche magistrali, le “incertezze” si sommano alle difficoltà dell’organizzazione del lavoro.
I NUMERI DEI TRATTAMENTI
In questi due anni, ammonta a circa 3.500 il numero di pazienti trattati con la cannabis e si contano qualcosa come 5.800 preparazioni circa somministrate a livello nazionale (dati Iss relativi al periodo novembre 2015 – agosto 2017). Numeri considerevoli, alla luce dei quali emerge la necessità di evidenze scientifiche. Al momento, gli impieghi della cannabis a uso medico sono presenti in un numero scarso di studi nei quali, si legge nel decreto, “le evidenze scientifiche sono di qualità moderata o scarsa, con risultati contraddittori e non conclusivi, mancano, inoltre, dati a supporto di un favorevole rapporto rischio/beneficio”. Non esistono dosaggi standardizzati, così come non sono state investigate le eventuali interazioni con altri farmaci, considerando che la cannabis è prescrivibile come trattamento sintomatico di supporto alle cure standard previste per le patologie indicate nel DM.
I POSSIBILI EFFETTI
I trattamenti con la cannabis e i possibili effetti: i due principi attivi della cannabis sui quali si sono concentrati la maggior parte degli studi, sono il THC (tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo), ai quali è stata attribuita un’azione nel trattamento di numerose patologie, ma nella cannabis ci sono più di 100 molecole diverse, potenzialmente attive, che sommate alla complessità fisiologica del sistema endocannabinoide, potrebbero avere potenziali effetti (sia terapeutici che avversi). Per questo sono necessari studi che definiscano quali e quante sono le molecole attive, quale è il loro metabolismo, al fine di comprendere se e come potrebbero interferire con quello di altri farmaci.
I DOSAGGI
Serve chiarezza anche sui dosaggi da impiegare, che sono diversissimi da paziente a paziente (si va dai 50 milligrammi ai 9-10 grammi al giorno), a volte anche per la stessa patologia. Le stesse modalità di prescrizione, tra l’altro, sono molto differenti (in alcune Regioni è richiesto il Piano Terapeutico dello specialista, in altre è sufficiente la ricetta del medico di medicina generale).
LE PREPARAZIONI
Per i farmacisti che sono ogni giorno in prima linea nell’allestimento di queste preparazioni galeniche, diventa fondamentale dunque avere punti fermi sulle modalità di preparazione: c’è la necessità di protocolli rigorosamente standardizzati al fine di garantire, in primis, la continuità terapeutica al paziente (dati certi sulla stabilità e sul quantitativo di principio attivo biodisponibile di ogni preparazione), oltre che un’organizzazione del lavoro più efficiente.
LE REAZIONI AVVERSE
“È quanto mai prezioso e fondamentale – dichiara la dott.ssa Silvia Di Marco, segretario SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie) della Regione Umbria – il lavoro che l’Istituto Superiore di Sanità, in qualità di coordinatore delle attività del Sistema di sorveglianza delle sospette reazioni avverse a prodotti di origine naturale, sta svolgendo sullo studio della stabilità dei diversi preparati e sulla capacità estrattiva di diversi solventi. L’auspicio è che ce ne siano altri.”
LA PROPOSTA DI SIFO
“Alla luce della nuova Legge sulla cannabis per uso medico appena approvata alla Camera, in esame ora al Senato, nella quale si riconosce l’importanza dell’informazione, formazione e della promozione della ricerca, nel Documento redatto, ci siamo permessi di proporre il contributo attivo della nostra società scientifica, per quanto di nostra competenza, così come sarebbe un ulteriore valore aggiunto la collaborazione con altre società scientifiche ‘sul campo’ in materia di cannabis. Sempre più consapevoli – conclude Di Marco – che solo con la collaborazione, con l’azione congiunta delle diverse professionalità, ognuno per le proprie competenze, riusciremo a rispondere alle esigenze, richieste e aspettative del paziente e della sua famiglia.”