“Malattie cardiache accorciano di 4 mesi la vita degli Italiani, già diminuita durante la pandemia”

Hanno costi monstre, diretti e indiretti, per 42miliardi di euro l’anno e una ricaduta sulla aspettativa di vita degli Italiani che, per la prima volta, li rende meno longevi. Le malattie cardiovascolari rappresentano infatti la principale causa della riduzione dell’aspettativa di vita dal 2011 al 2021 in molti Paesi Europei. Uno studio internazionale, guidato dall’Università dell’East Anglia nel Regno Unito, e recentemente pubblicato su The Lancet Public Health, ha registrato un sostanziale rallentamento nella crescita dell’aspettativa di vita in Europa, compresa l’Italia, a partire dal 2011.

Dal 2019 in poi, in concomitanza con la pandemia, l’aspettativa di vita è invece iniziata a diminuire. In particolare, in Italia si è registrata una riduzione media annua di -0,36 anni, pari a oltre 4 mesi. A contribuire a questa inversione di tendenza l’aumento dei principali fattori di rischio cardiovascolare, come obesità, ipertensione, colesterolo alto, dieta poco sana, fumo e sedentarietà, nonché assenza di screening e una eccessiva burocrazia per i piani terapeutici che hanno smesso di migliorare l’aspettativa di vita dal 2011 in poi. Tuttavia, oltre la metà delle malattie cardiovascolari è prevenibile con modifiche allo stile di vita e controllo dei fattori di rischio. Lo conferma uno studio appena pubblicato su The Lancet, che ha evidenziato come diagnosi precoci e programmi di prevenzione, permetterebbero di ridurre entro il 2050, il tasso di decessi per aterosclerosi dell’82%, salvando a livello globale 8,7milioni di vite l’anno.

“Per questo è fondamentale e non più rinviabile dare attuazione al Piano Strategico Nazionale per la Salute del Cuore sviluppato dalla Federazione Italiana di Cardiologia FIC, con il sostegno della Società Europea di Cardiologia, e in collaborazione con la Società Italiana di Cardiologia SIC e l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri ANMCO.” A lanciare l’appello, Ciro Indolfi, presidente FIC, in occasione dell’ESC Preventive Cardiology 2025, congresso annuale dell’Associazione Europea di Cardiologia Preventiva EAPC, in corso a Milano. “Oggi la terapia ospedaliera dell’infarto acuto grazie allo stent e alla terapia antipiastrinica ha raggiunte il massimo della sua potenzialità. Pertanto, se vogliamo ridurre la prima causa di morte in Italia e soprattutto la morte cardiaca pre-ospedaliera, che rappresenta il 50% delle morti per infarto, dobbiamo agire sulla prevenzione che ha un ruolo cruciale nel ridurre l’impatto delle malattie cardiovascolari in Italia. Lo studio recentemente pubblicato sulla rivista Lancet Public Health dimostra chiaramente come il rallentamento e il calo nell’aspettativa di vita nell’Italia sia nella maggior parte attribuibile a una riduzione dei progressi nella lotta contro le malattie cardiovascolari. Un’azione sui fattori di rischio cardiometabolico modificabili – afferma ancora – consentirebbe di evitare fino all’60% dei decessi, in primis per infarto e ictus. Ciò significa che una prevenzione efficace, intesa come investimento e non solo un costo, che mantenga o migliori questi progressi, potrebbe avere un impatto significativo per far vivere meglio e più a lungo gli Italiani.”