“Non si conosco i numeri precisi di questo fenomeno. Ho sentito parlare di 80mila donne mutilate. Spero che in Italia ci sia presto uno studio serio, anche perché le mutilazioni genitali femminili non sono tutte uguali. Bisogna capire infatti che tipo di amputazione o danno ha subito la donna, per sapere che conseguenza avremo dopo, sia dal punto di vista sociale sia sanitario. E questo è importantissimo per cercare di iniziare a studiare l’argomento in maniera seria. Smettiamola di parlarci addosso e creiamo al più presto un gruppo di lavoro”. Questo l’appello lanciato dal presidente di Amai Associazione medici Arabi in Italia e consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma Musa Awad Hussein in occasione del seguitissimo convegno dal titolo “Assistenza Sanitaria per Portatrici di Mutilazioni Genitali Femminili in Europa”, organizzato al Cnr dal Comitato unico di garanzia con l’Associazione internazionale Karol Wojtyla, di cui è segretario generale Rosanna Cerbo. Il tema delle mutilazioni genitali femminili deve interessare anche l’Italia perché ha delle ripercussioni sul Servizio sanitario nazionale. “Infatti le donne che hanno perso le grandi o le piccole labbra possono avere problematiche di carattere sanitario, come infezioni o neoplasie”, spiega il dott. Musa Awad Hussein. Ma anche l’aspetto sociale è serio e ha un peso importante. “In Italia – dichiara il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma Antonio Magi – ci sono dei centri di eccellenza per quanto riguarda la parte della ricostruzione non solo estetica, ma anche funzionale delle parti mutilate. Ed è importante che i nostri medici sappiano indirizzare queste donne nei giusti centri di riferimento.”
In questo processo di formazione e informazione dovrebbero essere coinvolti sia i medici di medicina generale sia soprattutto i ginecologi, ma non solo loro: anche gli urologi intervengono molto spesso su questo tipo di problematica, tant’è vero che molte complicazioni sono proprio di natura urologica. Quando per esempio c’è una ricucitura nelle parti intime, questa può creare uno scarso passaggio di urine e un ristagno delle stesse, portando a un’infezione urinaria. Dunque è certamente necessario che l’approccio sia multidisciplinare.