
Il neurologo aveva certificato la sua necessità di assistenza continuativa, ma la commissione medica INPS sostiene che in casa sia al sicuro e le ha negato il diritto all’indennità di accompagnamento. È la storia di Nicoletta, 47 anni, affetta da epilessia focale fin dall’età di 5 anni. Inizialmente rispondeva ai farmaci; oggi, nonostante la poli-terapia (assunzione di 4 diversi farmaci, alcuni totalmente a suo carico) è a tutti gli effetti farmacoresistente da molti anni. Le crisi plurigiornaliere la colgono di sorpresa, provocandole spesso brutte cadute e conseguenti traumi cranici che richiedono continui accessi al pronto soccorso.
“Il neurologo mi ha ordinato di camminare – afferma Nicoletta all’Osservatorio Malattie rare OMaR – ma come faccio a rischiare la vita per una passeggiata? La nostra è una famiglia semplice e onesta. Mio marito fa l’operaio, abbiamo 2 figlie, una casa, un mutuo. L’indennità di accompagnamento (circa 500,00 euro al mese, ndr) non cambierebbe la mia vita in modo radicale, ma mi permetterebbe di avere un aiuto a casa per qualche ora a settimana, e di pagare i farmaci.”
“Una situazione al limite dell’assurdità che purtroppo accomuna l’epilessia farmacoresistente con molte malattie rare poco note”, commenta Ilaria Vacca, giornalista dello Sportello Legale ‘Dalla Parte dei Rari’ OMaR. “Patologie dal grave carico sociale, esasperato dal mancato riconoscimento dei diritti esigibili, che si scontrano con il muro cieco e sordo della burocrazia italiana.”
Nicoletta ha un’invalidità riconosciuta del 100% e la certificazione di disabile grave ai sensi della Legge 104, articolo 3 comma 3. Le hanno negato l’indennità di accompagnamento, anche in sede di ricorso, sostenendo che non sussiste una compromissione significativa dell’autonomia personale. “La signora sembra avere diritto all’indennità di accompagnamento”, sostiene l’avvocato Rosa Cervellione. “Infatti, nei casi in cui gli effetti delle crisi impattano sulle autonomie personali, ricorre il presupposto per ottenere questo beneficio economico. Il venir meno di tali autonomie non consiste solo nell’incapacità di adempiere agli atti della vita quotidiana quali, ad esempio, lavarsi, vestirsi, cucinare, etc. ma anche nell’impossibilità di andare a fare la spesa o di andare in farmacia senza essere accompagnata da qualcuno che vigili sulla sua incolumità in caso di crisi. Le crisi epilettiche, infatti, si presentano senza alcun preavviso nella stragrande maggioranza delle forme di epilessia. Se poi, come nel caso della signora di cui stiamo parlando, queste crisi sono plurigiornaliere, questa persona oltre a non avere alcuna autonomia di movimento fuori dalle mura domestiche, ha scarsa autonomia anche a casa sua. Non può, infatti, avvicinarsi ai fornelli senza sorveglianza perché se fosse colta da una crisi potrebbe ustionarsi o – peggio – provocare un incendio domestico; non può fare la doccia senza sorveglianza perché potrebbe cadere nella vasca e allagare la sua casa; così come non può svolgere alcune attività domestiche come stirare e tanto altro ancora. Sulla base di quali valutazioni, dunque – prosegue Cervellione – la commissione medica dell’INPS che l’ha valutata ha potuto stabilire che non ha diritto all’indennità di accompagnamento?”
“La signora, che ha impugnato davanti al Tribunale il verbale della commissione medica che le ha negato l’indennità di accompagnamento, avrebbe potuto impugnare il provvedimento del Tribunale che ha confermato le conclusioni della commissione medica davanti alla sezione lavoro dello stesso ufficio giudiziario formulando, nel termine di 30 giorni, una dichiarazione di DISSENSO. Questo procedimento si conclude con una sentenza che non è più impugnabile”, spiega Cervellione. Nicoletta però si è rivolta allo sportello legale OMaR quando ormai i tempi per il dissenso erano scaduti. Cosa fare dunque? “Il suggerimento è quello di presentare una richiesta di aggravamento, tramite il proprio medico di base, e ripartire da capo. Questa volta, però – precisa Cervellione – Nicoletta potrebbe farsi accompagnare al colloquio davanti alla commissione medica dell’INPS da un esperto epilettologo che illustri alla commissione le limitazioni che la sua forma di epilessia comporta rispetto alle sue autonomie. Se, nuovamente, l’indennità di accompagnamento le venisse negata, dovrebbe nuovamente impugnare il verbale della commissione medica avviando il procedimento di accertamento tecnico sanitario davanti al Tribunale. Nell’ambito di tale procedimento potrebbe farsi assistere da un proprio consulente tecnico che affianchi il consulente tecnico nominato d’ufficio dal giudice. Poi, eventualmente, contestare la CTU che non riconoscesse le sue disautonomie, nei termini previsti per legge, con l’atto di dissenso.”
“Per nostra esperienza – conclude Cervellione, che coordina anche un servizio di informazioni online tramite il portale FIEINSIEME – con una documentazione congrua e con l’assistenza di un medico esperto in epilessia e medicina legale, si arriva ad ottenere il beneficio perché la magistratura, se adeguatamente informata sulle reali condizioni di vita di una persona con epilessia farmacoresistente, si dimostra sensibile al tema delle disautonomie che essa comporta. Più sensibile, di sicuro, di quanto dimostrano di essere le commissioni mediche dell’INPS – conclude Cervellione – che quando hanno accertato che una persona conosce il costo di un caffè ed è capace di lavarsi, vestirsi e mangiare da sola, senza alcun rimorso, la considerano pienamente autonoma e, quindi, priva dei requisiti per ottenere l’indennità di accompagnamento.”