È italiano lo studio che per primo pone l’accento sull’importanza della scelta della procedura di radiologia interventistica più adatta nel trattamento delle calcificazioni della spalla. I risultati dello studio, pubblicato online sulla rivista Radiology e condotto dall’équipe del prof. Luca Maria Sconfienza, professore associato presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore dell’Unità Operativa di Radiologia presso l’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, hanno l’obiettivo di aiutare i radiologi interventisti a stabilire se utilizzare uno o due aghi per il trattamento ecoguidato mini-invasivo della tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori, in base alla densità del deposito calcifico intratendineo.
La tendinopatia calcifica è una condizione in cui i depositi di calcio si formano nei tendini della cuffia dei rotatori, un gruppo di quattro tendini che garantiscono la mobilità della spalla. Questa condizione, che si verifica in circa il 20% delle spalle dolorose, provoca una sintomatologia estremamente variegata, da lieve fastidio fino a dolore insopportabile. “Non esiste ancora un’unica posizione condivisa su come trattare la tendinopatia calcifica”, dichiara Sconfienza. “Tuttavia, il trattamento ecoguidato mini-invasivo è ampiamente diffuso in tutto il mondo ed è attualmente il metodo più impiegato in questa patologia perché è rapido, minimamente invasivo e con un bassissimo rischio di complicanze.”
La procedura prevede l’iniezione di un fluido (come la soluzione fisiologica) nel tendine per sciogliere i depositi di calcio. Il liquido viene poi estratto, trattenendo al suo interno il calcio disciolto. “La principale differenza tra le procedure di irrigazione percutanea ecoguidata è l’utilizzo di uno o due aghi per iniettare il fluido ed aspirare il calcio. Finora – aggiunge Sconfienza – non è mai stato eseguito un confronto diretto tra le due modalità.”
Lo studio ha coinvolto 211 pazienti (77 uomini e 134 donne di età compresa tra 24 e 69 anni), con calcificazione della cuffia dei rotatori confermata ecograficamente, che sono stati sottoposti a irrigazione percutanea a ultrasuoni tra il 2012 e il 2014 con uno o due aghi. Nei pazienti sottoposti a procedura a doppio ago sono stati utilizzati aghi da 1.7 mm di diametro, inseriti all’interno della calcificazione sotto continuo monitoraggio ecografico e la calcificazione veniva trattata creando un flusso continuo di soluzione fisiologica per rimuovere tutto il calcio. La procedura a singolo ago ha invece impiegato un ago da 1.3 mm di diametro per l’iniezione di soluzione fisiologica e l’estrazione del calcio, utilizzando continue pressioni e rilasciamenti sullo stantuffo della siringa per creare un effetto a pressione.
“I tempi di procedura sono stati più brevi e la dissoluzione del calcio è stata più agevole utilizzando due aghi per le calcificazioni dure e un ago per le calcificazioni fluide. In termini di risultati clinici, dopo un anno di follow-up non c’era alcuna differenza significativa tra trattamento ecoguidato con singolo e doppio ago. Inoltre – conclude Sconfienza – a distanza di 12 mesi, con entrambi i trattamenti non sono state rilevate calcificazioni residue o nuove, né lesioni del tendine ove erano presenti gli iniziali depositi di calcio.”