
Può capitare di imboccare una via con numerosi cartelli di divieto di sosta ai quali non facciamo caso, non avendo magari necessità di parcheggiare l’auto; nel mentre siamo invece particolarmente attenti ai cartelli che indicano diverse direzioni da seguire e svolte. Proprio per indagare come il nostro cervello processa diversamente i simboli, siano questi direzionali o meno, ha preso il via lo studio Time-frequency Analysis of Brain Activity in Response to Directional and Non-directional Visual Stimuli: an Event-Related Spectral Perturbations (ERSP) Study. I risultati dell’indagine, condotta nel laboratorio di Brain Connectivity dell’IRCCS San Raffaele, sono stati pubblicati sul Journal of Neural Engineering. “Dinanzi a stimoli visivi differenti (immagini di frecce o quadrati, dunque simboli direzionali e non) si riscontra una diversa attività cerebrale nel lobo occipitale, regione del cervello deputata a l’interpretazione degli stimoli visivi”, spiega Fabrizio Vecchio, responsabile del Laboratorio e autore della ricerca. “Nello specifico, abbiamo riscontrato come l’attività cerebrale aumenti, con l’impiego di un maggior numero di neuroni, dinanzi a uno stimolo di tipo direzionale.”
“Lo studio di questi meccanismi fisiologici è di fondamentale importanza per la comprensione e la valutazione dei disturbi riguardanti la percezione visiva nelle malattie cerebrali e per la validazione di tecniche innovative di riabilitazione”, afferma Paolo M. Rossini, direttore del Dipartimento Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele e coautore della pubblicazione. “Sebbene così rilevanti, i meccanismi di elaborazione visiva sono stati esplorati in modo ancora molto parziale. L’analisi tempo-frequenza del segnale dell’elettroencefalogramma (EEG) può essere uno strumento utile per indagare la codifica delle informazioni visive in diverse regioni cerebrali sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Grazie alla sua semplicità e alla capacità di rappresentare le modulazioni dell’attività cerebrale, questa tecnica potrebbe essere in un prossimo futuro utilizzata come biomarcatore clinico del recupero funzionale, ad esempio nella riabilitazione di disturbi della percezione visiva e della disabilità motoria in seguito a ictus, nonché come strumento diagnostico di patologie neurologiche, con l’obiettivo di sviluppare trattamenti riabilitativi personalizzati in ambito clinico.”