Presso gli Ospedali Privati di Forlì sono stati ampliati e potenziati i comparti di Urologia e Andrologia con l’adozione di tecnologie e strumentazioni fra le più avanzate, in quanto il centro è diventato il riferimento per un vasto territorio che include Forlì, Cesena, Ravenna. In particolare: il laser verde Greenlight per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna senza ricorrere alla chirurgia tradizionale; gli impianti di protesi peniene, di riconosciuta efficacia per patologie quali la Disfunzione Erettile, patologia che può avere cause diverse (oncologiche, malformazioni, neurologiche) ma che, nel 20% dei casi, è resistente all’utilizzo dei farmaci.
“Il raggio verde Greenlight consente di curare l’ipertrofia prostatica benigna senza ricorrere alla chirurgia tradizionale”, spiega il dott. Teo Zenico, Urologo della struttura forlivese. “L’Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB) colpisce l’80% degli italiani over50 determinando l’ingrossamento anomalo della prostata, cioè la piccola ghiandola attraverso cui passa l’uretra, il condotto che dalla vescica porta l’urina verso l’esterno. Quando la prostata si ingrossa va a comprimere proprio l’uretra, ostacolando la fuoriuscita dell’urina. Il getto urinario si indebolisce e le minzioni diventano sempre più frequenti. Si tratta di una patologia progressiva, i cui sintomi peggiorano negli anni; se non adeguatamente trattata, può provocare un danno permanente alla vescica che può, in casi estremi, perdere la capacità di contrarsi e, quindi, di svuotarsi.”
Le prime terapie contro l’ipertrofia prostatica benigna (diagnosticata nel 2017 a oltre 7milioni di uomini italiani) sono, in genere, farmacologiche: possono prevedere farmaci alfa-bloccanti, oppure inibitori della 5-alfa-reduttasi o, in alcuni casi, anche trattamenti fitoterapici. Quando le terapie farmacologiche non sono però efficaci, si rende necessario l’intervento chirurgico tradizionale (TURP) , oppure soluzioni terapeutiche che utilizzano il laser per recidere, vaporizzare e coagulare tessuti duri e molli in modo preciso, trasformando il tessuto prostatico in bollicine di vapore. Con Greenlight possono essere effettuati Interventi di vaporizzazione, nei quali il tessuto prostatico viene trasformato in vapore, oppure di enucleazione: in questo caso l’adenoma viene scollato con il laser, fatto cadere in vescica e – quindi – aspirato con uno strumento che si chiama “morcellatore”. Il laser verde può essere utilizzato senza sospendere i farmaci anticoagulanti, consentendo di trattare anche pazienti a rischio (per esempio portatori di pacemaker). Inoltre, il suo elevato potere emostatico favorisce una degenza postoperatoria veloce, una rimozione rapida del catetere post-intervento e una altrettanto rapida ripresa delle attività quotidiane.
La seconda area di innovazione, in corso di potenziamento e ampliamento presso gli Ospedali Privati Forlì, riguarda invece gli impianti di Protesi Peniene, la tecnologia biomedicale per il ripristino dell’attività sessuale nei casi di Disfunzione Erettile (DE). “Le protesi peniene rappresentano, oggi, un’opzione terapeutica fra le più avanzate, ma ancora poco conosciute dalla stessa classe medica”, dichiara Zenico. “Eppure, studi clinici internazionali ne confermano l’efficacia per chi soffre di disfunzione erettile, una patologia che può avere origini diverse, ma che può colpire anche uomini giovani, con impatti devastanti sulla vita quotidiana. Definita clinicamente come l’incapacità, ricorrente o costante, di raggiungere e/o mantenere un’erezione adeguata durante un rapporto sessuale (National Institute of Health NIH Consensus Document), la Disfunzione Erettile insorge prevalentemente a seguito di una chirurgia radicale per tumore della prostata (35% dei pazienti). Il carcinoma prostatico è il tumore più frequente nella popolazione maschile dei Paesi occidentali e la sua asportazione chirurgica è aggravata da Disfunzione Erettile nel 25-75% dei casi. Spesso, infatti, la risposta ad altre terapie, come trattamenti farmacologici di tipo orale o iniettivo (prostaglandine o papaverina iniettate direttamente nel tessuto), può risultare inadeguata o addirittura inesistente. In questi casi, l’impianto di una protesi peniena consente la ripresa funzionale dell’organo specifico e, quindi, l’erezione. Tecnicamente, l’impianto prevede l’inserimento di due piccoli cilindri (protesi semirigide o idrauliche) nelle due camere di erezione del pene, i corpi cavernosi. Questo consente un’erezione virtualmente non difforme da quella naturale, con la medesima sensibilità e capacità di eiaculazione riscontrabili prima dell’intervento e con immutata funzione urinaria. Le protesi e il piccolo dispositivo di controllo vengono inseriti sotto la cute, perciò non risultano visibili, un aspetto di vitale importanza per la rassicurazione dei pazienti e la piena accettazione dell’impianto. Secondo la casistica, la protesi peniena è indicata laddove vi sia una difficoltà erettile non responsiva a farmaci orali o iniettivi, oppure nei casi di severa curvatura acquisita del pene (la cosiddetta malattia di La Peyronie), in cui la fibrosi che si sviluppa all’interno dell’organo determina gravi deformazioni e perdita di dimensioni. Le Linee Guida europee indicano la protesi non soltanto per chi non risponde ad altri trattamenti, ma anche per chi desideri una soluzione definitiva al proprio problema.”