La Commissione Europea ha concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio di padcevtm (enfortumab vedotin, un coniugato anticorpo-farmaco ADC) in associazione con keytruda® (pembrolizumab, un inibitore del PD-1) per il trattamento di prima linea di pazienti adulti affetti da carcinoma uroteliale in fase avanzata, non resecabile o metastatico, idonei al trattamento chemioterapico contenente platino. L’approvazione è stata ottenuta in virtù dei risultati dello studio clinico di Fase III EV-302 (noto anche come Keynote-A39), che ha evidenziato come enfortumab vedotin, in associazione con pembrolizumab, abbia quasi raddoppiato la overall survival mediana (OS) e prolungato in maniera significativa la sopravvivenza libera da progressione (PFS), rispetto al trattamento chemioterapico contenente platino.
“Disporre di un nuovo trattamento efficace di prima linea per il carcinoma uroteliale in fase avanzata apre un nuovo capitolo a lungo atteso nella gestione di questa malattia generalmente fatale”, dichiara il dott. Thomas Powles, del Barts Cancer Institute Biomedical Research Centre, Regno Unito. “Gli effetti notevoli dell’associazione delle 2 terapie sono stati chiaramente evidenziati durante il programma di sperimentazione clinica di Fase III, con enfortumab vedotin in associazione con pembrolizumab che ha prolungato in modo significativo la sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da progressione rispetto alla chemioterapia contenente platino. Auspichiamo di poter impiegare questa associazione terapeutica come regime di prima linea nella pratica clinica il prima possibile.”
“Nonostante l’Europa presenti il tasso più elevato al mondo di nuovi casi di carcinoma della vescica, la consapevolezza rimane bassa, con la conseguenza che molti pazienti ricevono una diagnosi corretta soltanto quando la malattia è in fase avanzata”, afferma Alex Filicevas, direttore esecutivo della World Bladder Cancer Patient Coalition. “Sono assolutamente indispensabili nuove opzioni terapeutiche per migliorare gli esiti della malattia in questi pazienti e dare la speranza di un futuro migliore all’intera comunità di pazienti affetti da carcinoma della vescica.”
“In accordo ai recenti aggiornamenti delle linee guida cliniche europee, siamo lieti di apprendere che la Commissione Europea ha approvato enfortumab vedotin in associazione a pembrolizumab come trattamento di prima linea per i pazienti affetti da carcinoma uroteliale non resecabile o metastatico”, dichiara Ahsan Arozullah, MD, MPH, vicepresidente senior e responsabile dello Sviluppo Oncologico, Astellas. “Tale approvazione rappresenta una testimonianza della nostra costante collaborazione con gli sperimentatori coinvolti negli studi clinici, con i pazienti arruolati negli studi e le rispettive famiglie e con la più ampia comunità dei pazienti affetti da carcinoma della vescica. Ci auguriamo che i pazienti dell’intera Unione Europea possano trarre presto beneficio da questa terapia di associazione sin dalle prime fasi del proprio percorso terapeutico.”
IL CARCINOMA DELLA VESCICA
Rappresenta il quinto tumore più comunemente diagnosticato in tutta l’Europa. Ogni anno, la malattia colpisce oltre 165mila individui, con oltre 50mila decessi nell’Unione Europea. La diagnosi spesso giunge troppo tardi e molti pazienti presentano una malattia in fase avanzata o metastatica, con esiti particolarmente sfavorevoli in termini di sopravvivenza.
Lo studio clinico di Fase III EV-302 ha valutato l’efficacia e la sicurezza di enfortumab vedotin in associazione a pembrolizumab in pazienti affetti da carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico (la/mUC) non resecabile e precedentemente non trattato. I risultati hanno dimostrato che l’associazione terapeutica ha consentito di ottenere una OS mediana di 31,5 mesi (IC 95%: 25,4-NR) rispetto a 16,1 mesi (IC 95%: 13,9-18,3) con la chemioterapia contenente platino, con una riduzione del 53% del rischio di morte (hazard ratio [HR]=0,47; intervallo di confidenza [IC] 95%: 0,38-0,58; P<0,00001). La PFS mediana di 12,5 mesi (IC 95%: 10,4-16,6) ottenuta con l’associazione rispetto a 6,3 mesi (IC 95%: 6,2-6,5) con la chemioterapia rappresenta una riduzione del 55% del rischio di progressione del tumore o di morte (HR=0,45; IC 95%: (0,38-0,54); P<0,00001).
Durante lo studio EV-302, circa il 30% dei pazienti ha completato il trattamento a base di chemioterapia per poi ricevere successivamente una terapia di mantenimento con avelumab, un inibitore di PD-L1, il che riflette l’attuale pratica clinica del real-world. I risultati sono stati presentati al congresso della Società Europea di Oncologia Medica ESMO 2023 e pubblicati sul New England Journal of Medicine.