Perché le persone con tumore del polmone sono più resistenti al coronavirus

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research, frutto di una collaborazione tra l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, l’Istituto San Gallicano, l’Università di Milano e l’Università di Chicago, le persone colpite da tumore del polmone e della testa-collo potrebbero essere più resistenti all’infezione da SARS-CoV-2 rispetto ai soggetti sani. In particolare, nella ricerca sono stati analizzati 510 affetti da adenocarcinoma polmonare e 501 da tumore del polmone a cellule squamose, 478 pazienti affetti da tumore della testa-collo. È stato osservato che le cellule tumorali presentano, rispetto alle cellule normali, bassi livelli di una proteina, TMPRSS2, necessaria per l’ingresso del virus nelle cellule. Proprio tale condizione sembrerebbe costituire una sorta di protezione dall’infezione.

I tumori della testa-collo maggiormente aggressivi e con una prognosi più infausta presentano livelli ancora più bassi di TMPRSS2, e sono quindi ancora più resistenti all’infezione. Responsabili di tale meccanismo sono le piccole molecole di RNA, chiamate microRNA, in grado di regolare l’attività dei geni che producono proteine e presenti in alte quantità nelle cellule tumorali. I microRNA potrebbero quindi rivelarsi degli efficaci strumenti terapeutici per contrastare l’infezione da coronavirus.

“Nel nostro lavoro sono stati identificati un gruppo di 6 microRNA presenti in alti livelli nelle cellule tumorali, in grado di bloccare la produzione di TMPRSS2”, spiega Giovanni Blandino, direttore dell’Unità di Oncogenomica ed Epigenetica IRE e primo autore dello studio. “Questa correlazione inversa tra l’espressione dei 6 microRNA e di TMPRSS2 è stata inoltre verificata in un paziente con tumore della testa-collo positivo all’infezione dal SARS-CoV-2.”

“I microRNA – conclude Gennaro Ciliberto, direttore Scientifico IRE – già coinvolti in diversi trial clinici per lo sviluppo di nuove terapie mirate per i tumori, grazie alla loro capacità di regolare l’espressione delle proteine coinvolte nella entrata del virus nelle cellule, potrebbero essere degli strumenti terapeutici efficaci per diminuire il tasso di infezione di SARS-CoV-2.”