
Sabato 11 maggio 2024, si è svolto a Padova il convegno nazionale Pfas: Valutazione del Rischio nella Filiera Agroalimentare dalla Produzione Primaria al Confezionamento. Una Visione One Health, organizzato da Fondazione per lo Studio degli Alimenti e della Nutrizione Fosan e Fondazione Foresta Onlus, che ha visto riuniti esperti del settore insieme a Istituzioni nazionali e locali. L’inquinamento ambientale è un problema diffuso a livello globale; il caso dei composti perfluoroalchilici – spiegano gli organizzatori – ha acquisito estrema rilevanza soprattutto nel territorio Veneto nell’ultimo decennio, ma recentemente sta emergendo un inquinamento esteso a tutto il territorio nazionale: oltre al Veneto, le acque maggiormente colpite in Italia sono quelle di Piemonte e Lombardia, Regione quest’ultima nella quale sono state riscontrate tracce di Pfas soprattutto nell’area metropolitana di Milano; anche in Emilia-Romagna l’acqua risulta contaminata; in Toscana, nel 2022 è stata riscontrata la presenza di Pfas nel 70% delle acque superficiali, nel 30% di quelle sotterranee e nel 100% dei campioni di flora e fauna analizzati. Secondo un recente rapporto di Greenpeace, in queste Regioni sono state rilevate concentrazioni di Pfas a volte persino superiori ai 500 ng/l. “Le manifestazioni cliniche associate all’inquinamento da Pfas sono certamente evidenti nelle popolazioni esposte, ma è interessante considerare che anche i bassi livelli di queste sostanze riscontrabili nella popolazione generale possono costituire fattore di rischio”, dichiara il prof. Carlo Foresta, già ordinario di Endocrinologia all’Università di Padova, presidente della Fondazione Foresta Onlus. “Negli ultimi anni abbiamo evidenziato dal rischio cardiovascolare all’infertilità, dall’osteoporosi all’ipotiroidismo, fino alle alterazioni del sistema nervoso. Senza dimenticare che recentemente la Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che fa capo all’Oms, ha inserito il Pfoa – il più diffuso composto della famiglia dei Pfas – nella lista delle sostanze cancerogene per il tumore al rene e testicolo.”
“L’inquinamento generale a carico dei Pfas non è facilmente modificabile dal comportamento dei singoli né è possibile immaginare un’abolizione a breve termine di queste sostanze chimiche”, continua Foresta. “Spesso queste sostanze sono presenti in miscela con altri composti chimici, e a preoccupare è proprio la relazione che diverse sostanze possono avere tra loro.” Le ricerche condotte dall’équipe del prof. Foresta e svolte presso l’Uoc di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Ospedale Università di Padova, diretta dal prof. Alberto Ferlin, hanno permesso di identificare possibili forme di intervento basandosi su un’intuizione sperimentale ispirata all’attuale tecnologia di filtraggio delle acque, basata sull’utilizzo dei filtri ai carboni attivi, che ha portato all’individuazione di un corrispettivo terapeutico nel carbone attivo vegetale ad uso umano, che trova già impiego nel trattamento di intossicazioni da farmaci e avvelenamenti alimentari, nonché per il meteorismo intestinale: “In pratica, abbiamo drenato a livello intestinale i Pfas, rendendoli eliminabili con le feci”, dichiara Foresta. “In un modello sperimentale l’incubazione con carbone attivo vegetale si è dimostrata in grado di rimuovere ben il 50% del Pfoa. Questi risultati hanno convinto la Regione Veneto a finanziare un progetto più complesso per valutare la possibilità di un intervento sanitario per la riduzione dei Pfas dal sangue dei soggetti esposti all’inquinamento da queste sostanze.”