“La plastica una minaccia anche per la fertilità femminile.” Studio Italiano su Ecotoxicology and Environmental Safety

Per la prima volta sono state rinvenute microplastiche nei fluidi follicolari in 14 donne sottoposte al percorso di procreazione medicalmente assistita. Una ricerca recentemente pubblicata su Ecotoxicology and Environmental Safety, dal titolo First Evidence of Microplastics in Human Ovarian Follicular Fluid: an Emerging Threat to Female Fertility, a cura di Luigi Montano, Salvatore Raimondo, Marina Piscopo, Maria Ricciardi, Antonino Guglielmino, Sandrine Chamayou, Raffaella Gentile, Mariacira Gentile, Paola Rapisarda, Gea Oliveri Conti, Margherita Ferrante, Oriana Motta. Lo studio ha valutato il dimensionamento e la concentrazione di nano e microplastiche, e non solo ne ha rilevato la presenza (concentrazione media di 2.191 particelle per millilitro) al di sotto di 10 micron (diametro medio di 4,48 micron) in 14 su 18 fluidi follicolari di donne sottoposte a cicli di fecondazione assistita, ma ha anche osservato una certa correlazione fra la concentrazione di microplastiche e alcuni parametri correlati alla funzione ovarica: “Questo ultimo aspetto, alla luce degli effetti negativi sull’apparato riproduttivo femminile ben documentati in campo sperimentale nel mondo animale, preoccupa non poco”, dichiarano gli autori. “Queste stesse sostanze provocano un effetto diretto di danno sulla funzione ovarica per il tramite di diversi meccanismi, in primis per stress ossidativo, e per uno stato di infiammazione permanente che potrebbe nel tempo alterare fondamentali funzioni ovariche legate alla qualità dei gameti femminili, nonché alterare il normale equilibrio ormonale della donna, con conseguenze sul ciclo mestruale e sulla fertilità, fino a causare una possibile anticipazione della menopausa. Inoltre – proseguono i ricercatori – la presenza delle microplastiche fa da ‘cavallo di troia’ ad altre sostanze notoriamente tossiche, come metalli pesanti, ftalati, bisfenoli, diossine, policlorobifenili e secondo recenti studi anche veicolo di virus, batteri e protozoi. Sostanze dalle dimensioni pulviscolari, che penetrano in profondità nel nostro organismo e che passano a noi attraverso l’acqua che beviamo, il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo e anche attraverso la pelle con i cosmetici, per esempio.”

Questa scoperta – concludono gli autori – conferma quanto la contaminazione della plastica sia da considerare “un’emergenza da affrontare nell’immediato”, poiché l’averne riscontrata la presenza in un fluido che è a diretto contatto con i gameti femminili “rappresenta di per sé una minaccia significativa all’integrità del nostro patrimonio trasmissibile”.