Progetto U-Change. Migliorare il percorso di cura del tumore della vescica con l’aiuto di pazienti e medici

Analizzare l’attuale modello di cura per il tumore della vescica, identificarne le criticità e disegnare un futuro modello di cura. Questo l’obiettivo del progetto U-Change, ideato e realizzato da Nume Plus Firenze, con il contributo non condizionante di Astellas Pharma SpA. “Nell’ambito del progetto abbiamo dato vita ad una Consensus multidimensionale, con l’ambizioso obiettivo, per la prima volta, di mettere sullo stesso piano i diversi attori che intercettano il paziente colpito da carcinoma avanzato della vescica nelle varie tappe del suo viaggio: clinici, associazioni dei pazienti, caregiver, fisioterapisti, infermieri, giornalisti di settore, farmacisti ospedalieri, direttori di ASL e di strutture ospedaliere, economisti della sanità nazionale, regionale e locale”, dichiara Sergio Bracarda, direttore del Dipartimento di Oncologia e S.C. Oncologia Medica e Traslazionale, Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, e presidente Società Italiana di Uro-Oncologia SIUrO. “In questo modo, tutto il panel degli esperti ha esplorato le diverse dimensioni, discutendo e concordando sia le attuali limitazioni dei modelli di cura e sia le proposte di miglioramento per la costruzione di un futuro modello di cura ancora più efficace.”

TUMORE DELLA VESCICA

Quello della vescica è il quarto tumore per incidenza dopo i 50 anni. Nel 2021, in Italia questa neoplasia è stata diagnosticata in 25.500 persone e ha causato oltre 6mila decessi. Si tratta di una neoplasia che, nelle forme infiltranti e non superficiali (in cui il tumore si sviluppa sulla superficie della vescica e tende a invadere lo strato muscolare procedendo verso l’esterno dell’organo) diventa anche fortemente invalidante, in quanto è necessaria l’asportazione della vescica e la creazione di un condotto intestinale per la raccolta delle urine sull’addome, mediante un sacchetto. Solo in 1/3 dei casi è possibile la ricostruzione della vescica con anse intestinali. Spesso però la chirurgia non è sufficiente e, a seconda dei casi, è necessario ricorrere anche a chemioterapia, radioterapia e immunoterapia. Per questo è necessario arrivare presto alla definizione del quadro clinico e non sottovalutare i sintomi che spesso si presentano mesi e mesi prima della diagnosi. Infatti la presenza del sangue nelle urine può comparire e smettere di colpo, e magari essere attribuita a infiammazioni o qualcosa che si è mangiato o bevuto. Invece rappresenta proprio la spia del tumore vescicale, specialmente nei soggetti fumatori, in quanto proprio il fumo costituisce il più importante fattore di rischio per questa neoplasia. Accade invece che l’ematuria e altri disturbi della minzione vengano spesso sottovalutati, come rileva una recente ricerca condotta da Nume Plus nell’ambito del progetto U-Change su 1.000 persone di età pari o superiore ai 18 anni allo scopo di valutare la conoscenza della patologia.

I RISULTATI DELL’INDAGINE

10 le domande a cui hanno risposto online 1.000 partecipanti. L’88,6% sa che questo tumore colpisce la vescica, mentre secondo il 4% riguarderebbe la prostata, e il 6,5% dichiara di non saperlo. Tra il 60% dei partecipanti che hanno dichiarato di sapere qual sia il medico che si occupa di questa neoplasia, il 62% ha indicato l’urologo; il 31,4% l’Oncologo; il 6,8% l’Andrologo; il 4% il Ginecologo. C’è una buona consapevolezza dei primi segnali d’allarme per il tumore alla vescica: l’80% indica il sangue nelle urine (ematuria); il 35% bruciore e dolore durante la minzione; il 26% minzione frequente. Tuttavia il 61% dichiara di non essersi mai recato dal proprio medico per uno di questi sintomi. A coloro che si sono rivolti al medico, nel 17% dei casi è stato prescritto un antibiotico generico; nel 13% sono state prescritte le analisi del sangue; nel 12% è stato raccomandato di bere 2 litri di acqua al giorno.

Il 52% sa che il fumo di sigaretta è il fattore di rischio più importante del tumore alla vescica; ma c’è anche un 50% che ritiene responsabile la familiarità. “Il fumo di sigaretta è da solo responsabile del 50% circa dei tumori della vescica, ma ci sono anche altri fattori di rischio come quello professionale, per esempio l’esposizione a coloranti, responsabile di un altro 5-6% dei casi, e la dieta in cui sembra chiamato in causa l’alcol”, spiega Bracarda. “Tra i cancerogeni ambientali vanno ricordate la presenza di arsenico nell’acqua potabile, le amine aromatiche e i pesticidi agricoli.”

La survey ha indagato anche sulle fonti di informazioni: il 44,4% si informa su questo tipo di tumore consultando siti online o social media, con il rischio di imbattersi in fake news. Alla domanda “quali siano le conseguenze più impattanti del tumore alla vescica?”, il 64% risponde l’incontinenza, il 56% la disabilità lavorativa e una ridotta qualità di vita e il 35% difficoltà sessuali. Poche le conoscenze dei partecipanti sulle possibilità di cura e di una diagnosi precoce.

“Grazie all’innovativo Progetto U-Change, per la prima volta per una patologia oncologica così drammatica come il tumore uroteliale avanzato, è stato possibile fare una messa a punto a 360° su tutti i numerosi aspetti che riguardano i vari attori coinvolti”, dichiara Emanuela Omodeo Salé, direttore di Farmacia dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e responsabile scientifico della Società Italiana di Farmacia ospedaliera SIFO. “Oggi anche il farmacista ospedaliero è sempre più coinvolto con i farmaci oncologici, perché può dare un supporto concreto al clinico ed al decisore, sulle modalità di migliore acquisizione, preparazione e dispensazione delle terapie nel setting intraospedaliero e nella fase successiva dalla dimissione in poi.”

Per l’originalità e la completezza dell’approccio, il progetto U-Change ha ricevuto il patrocinio di Associazione Italiana di Oncologia Medica AIOM; Società Italiana di Uro-Oncologia SIUrO; Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie SIFO, Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia FAVO; Pazienti Liberi dalle Neoplasie Uroteliali PaLiNUro. “Astellas è impegnata da molto tempo contro i tumori Uro-Genitali”, afferma l’amministratore delegato, Giuseppe Maduri. “Nell’ultimo decennio, Astellas ha adottato un approccio focalizzato sulla combinazione di una profonda comprensione della biologia delle malattie, in modo particolare i tumori difficili da trattare e dove ancora sono disponibili poche opzioni terapeutiche, con piattaforme tecnologiche e modalità di trattamento versatili, per sviluppare nuove terapie che possano prolungare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Inoltre, crediamo fortemente nel valore della collaborazione pubblico-privato e nell’importanza dell’approccio multidisciplinare per identificare nuovi modelli di cura o rendere più efficienti quelli esistenti e, il progetto U-Change rappresenta uno strumento concreto per migliorare la presa in carico del paziente, standardizzare le procedure ed ottimizzare le risorse disponibili.”

V CONGRESSO PALINURO

Una fotografia che rende evidente come su questo tipo di tumore ci sia ancora poca consapevolezza e conoscenza. Da qui partirà il V Congresso Pazienti Liberi dalle Neoplasie Uroteliali, in programma a Milano il 19 Novembre 2022, in occasione del quale verranno affrontati aspetti legati alla riabilitazione e alla qualità della vita, e che vedrà pazienti e personale medico-scientifico confrontarsi sulle innovazioni terapeutiche e diagnostiche. “È necessario promuovere delle efficaci campagne informative per aumentare il livello di conoscenza sia dei fattori di rischio che delle nuove possibilità terapeutiche”, dichiara Edoardo Fiorini, presidente APS Associazione PaLiNUro. “Il progetto U-Change conferma la necessità che Società scientifiche e Associazioni pazienti coinvolgano le Istituzioni e gli altri professionisti sanitari in campagne informative sull’importanza della diagnosi precoce, dei fattori di rischio e delle opportunità di terapie attraverso strumenti di comunicazione e target differenziati. Coniugi, partner e familiari sono spesso poco informati, addestrati e supportati nelle diverse fasi del percorso della malattia. È importante, quindi, fornirgli servizi di conoscenza della patologia, gruppi di ascolto, materiale educazionale.”