Protonterapia. “In Italia 20mila soggetti candidabili, ma esistono solo 3 Centri”

Attualmente in Italia sono circa 20mila i malati candidabili a protonterapia, una domanda che i soli 3 Centri presenti sul territorio nazionale, con una capacità di trattamento stimata di 1.000 pazienti all’anno, non sono oggi in grado di soddisfare. La terapia protonica potrebbe riguardare nel nostro Paese fino al 20% di tutti i pazienti candidati a un trattamento di radioterapia. Sono oltre 150 gli studi di validazione e approfondimento in corso nel mondo e il numero dei Centri di protonterapia è in crescita nei Paesi ad alto tasso di sviluppo. Anche di questo si è discusso nel corso del convegno Le Nuove Frontiere della Protonterapia e dei Farmaci per l’Oncologia Pediatrica, ospitato nei giorni scorsi al Senato.

Durante l’evento – moderato dal vicepresidente Fiagop, Angelo Ricci, e al quale è intervenuta, tra altri, anche la prof.ssa Lidia Strigari, direttrice di Fisica Sanitaria Irccs dell’AOU di Bologna – sono state descritte tutte caratteristiche e benefici della protonterapia, sottolineando come questa consenta di ridurre l’irradiazione ai tessuti circostanti la massa tumorale, massimizzandone la protezione, comportando minori rischi di effetti collaterali e favorendo una ripresa più rapida. Il trattamento, è stato ancora spiegato, è completamente indolore, con sedute della durata di circa 30 minuti, subito dopo le quali il paziente può tornare a casa e svolgere le normali attività quotidiane. “Questo intergruppo ha l’obiettivo di costituire un dibattito proficuo sui temi dell’Oncologia e della lotta al tumore a 360°”, dichiara la sen. Tilde Minasi, presidente dell’Intergruppo parlamentare Oncologia: Prevenzione, Ricerca e Innovazione, organizzatrice e promotrice dell’incontro. “Vogliamo affrontare tutte le questioni legate al ruolo della ricerca e dell’innovazione rispetto alla disponibilità di nuovi farmaci, allo snellimento delle procedure per mettere a disposizione dei pazienti nel più breve tempo possibile, ma anche alle nuove molecole e ai risultati dell’innovazione tecnologica. Uno degli obiettivi più importanti è invertire la rotta e far sì che non ci siano più disparità tra nord e sud nelle possibilità di cura e nella disponibilità di fondi adeguati contro le neoplasie.”

“In base alle raccomandazioni sull’uso dei protoni emesse nel 2021 dall’Istituto Superiore di Sanità, i maggiori vantaggi della cura con protoni si ottengono nel trattamento di tumori localizzati in sedi critiche perché circondati da strutture sensibili”, afferma ancora Minasi. “Tutti quei tumori poco responsivi alla radioterapia convenzionale e per i quali è utile un approccio di dose-escalation possono essere curati con la protonterapia, che ha anche il vantaggio di una ridotta dose di tossicità complessiva in associazione a chemioterapia concomitante.”

“L’auspicio di ricercatori e pazienti è che in futuro anche in Italia, con il fiorire degli studi sull’efficacia della protonterapia anche in combinazione con altri trattamenti, si ampli l’elenco delle prestazioni di protonterapia garantite dalla sanità pubblica”, dichiara Roberto Orecchia, già ordinario di Radioterapia presso l’Università degli Studi di Milano, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia. “Al momento il Ministero della Salute ha inserito la protonterapia nei Lea, i Livelli Essenziali di Assistenza, per 10 patologie oncologiche per le quali è considerata appropriata. Inoltre, dal 1° gennaio 2024, grazie al Decreto Tariffe, per queste 10 tipologie di tumore la protonterapia è diventata una prestazione erogabile a carico del Sistema Sanitario su tutto il territorio nazionale.”

Il Ministero dell’Università e della Ricerca ha finanziato il progetto Enhanced Radiotherapy with Hadrons Erha, di LinearBeam per sviluppare, il primo sistema di protonterapia basato su accelerazione lineare di protoni, spiega la dott.ssa Sara Rossi, dirigente Mur, Autorità di Gestione del Pon Ricerca e Innovazione 2014-2020: “Si tratta di un’apparecchiatura altamente specializzata che permette di effettuare un trattamento innovativo ed è l’unica macchina che risulta capace di modulare l’energia, mantenendo contenute le dimensioni della zona bersaglio da trattare, risultando così estremamente precisa”, dichiara. “In questi anni sono stati finanziati circa 80 progetti, i più importanti raccolti sul portale Researchitaly. L’obiettivo è quello di raccoglierli tutti e renderli pubblici per agevolare il lavoro dei nuovi ricercatori.”

L’Italia, insieme alla Francia, è oggi il Paese europeo con il più basso rapporto sale di trattamento/numero di abitanti, con importanti divari tra Nord e Sud, dove non esistono Centri e i pazienti, compresi i bambini, sono costretti a spostarsi nelle Regioni settentrionali: “Noi raccogliamo 33 Associazioni su tutto il territorio nazionale, almeno dove sono presenti Reparti di Oncologia Pediatrica, e siamo presenti in 14 Regioni su 21”, dichiara Paolo Viti, presidente della Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica Fiagop. “La migrazione sanitaria è per noi un problema assillante. Di fatto, le nostre Associazioni del Sud sono costrette a portare i bambini e i ragazzi nel Centro-nord; si parte sostanzialmente da Roma in su. Basti pensare che il 75,1% dei bambini della Calabria si sposta. Questo vuol dire rompere un sistema: ad esempio, pochi giorni fa ho conosciuto una mamma che da Crotone si è dovuta deve spostare a Roma. Ma a Crotone ha lasciato 2 figli, e questo è un problema. Ringraziando Dio – continua – le Associazioni ci sono e forniscono l’alloggio, i trasporti da e per l’ospedale, il supporto psicologico e altri servizi come la fisioterapia. Noi vorremmo spostare le nostre assemblee e riunioni proprio verso il Sud per sensibilizzare le realtà locali, ad esempio, di Puglia, Sicilia, Calabria e Sardegna.”

Nel corso del convegno, spazio anche al progetto Studi di Fase I, portato avanti dal dott. Francesco De Leonardis, responsabile dell’attività di ricerca in Oncoematologia Pediatrica presso l’AOU Policlinico di Bari. Il progetto è stato finanziato dalla Regione Puglia, che ha consentito di raccogliere 150mila euro, ed è stato supportato dall’Associazione Pugliese per la Lotta Contro le Emopatie e i Tumori dell’Infanzia Apleti.