La Regione Toscana contro le infezioni ospedaliere

Si chiama Call to Action il documento di indirizzo della Regione Toscana per la lotta alla sepsi, un’emergenza sanitaria che ogni anno causa circa 34mila morti in Italia, fanalino di coda nell’Unione Europea per numero di decessi. Secondo la Global Sepsis Alliance, la sepsi colpisce ogni anno nel mondo tra i 27 e i 30milioni di persone, causando la morte di un numero di pazienti che oscilla tra 7 e 9milioni. La sepsi è causata da una risposta sregolata a un’infezione da parte del sistema immunitario che, invece di reagire contro i microorganismi invasori, attacca l’organismo stesso, danneggiando anche organi e tessuti che non sono sede dell’infezione primaria. Si tratta di una grave complicazione che mette in pericolo la vita nell’arco di poche ore. Per questa ragione la si può definire come una patologia tempo-dipendente, al pari dell’ictus o dell’infarto miocardico, e impone una risposta sanitaria rapida che presuppone una diagnosi altrettanto tempestiva e soprattutto accurata.

Della minaccia rappresentata dalla sepsi si è parlato nei giorni scorsi a Siena, nel corso di un convegno organizzato in occasione della Giornata Mondiale della Sepsi. In questo ambito la situazione epidemiologica della Regione Toscana è in preoccupante evoluzione: dal 2012 al 2017 i ricoveri si sono accresciuti del 33% e oggi, secondo le stime più recenti, sono attesi oltre 15mila casi di sepsi o shock settico all’anno. “Si ritiene che l’incremento dei casi di sepsi riconosciuta – dichiara Fabrizio Gemmi, coordinatore dell’Osservatorio per la Qualità e l’Equità dell’ARS Toscana – sia spiegato da una migliore attenzione diagnostica e alla codifica. Questa patologia riguarda circa l’1,8% dei pazienti ricoverati in Toscana, con un’incidenza pari a 261 pazienti ogni 100mila abitanti.”

Va ricordato che, in coloro che sopravvivono, la sepsi può lasciare importanti sequele: “La casistica toscana mostra come 1 paziente su 5 ospedalizzato per sepsi necessiti di un nuovo ricovero entro un mese dalla sua dimissione”, afferma Sabino Scolletta, Direttore UOC Rianimazione e Medicina Critica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. “Circa il 50% dei pazienti ha un recupero funzionale più o meno completo; il 30% spesso non sopravvive nei successivi 12 mesi e il restante 20% può presentare gravi disturbi che includono importanti limitazioni quotidiane funzionali e cognitive.”

Dati, questi, che hanno spinto la Regione Toscana a varare un piano operativo organico, messo a punto dal Centro Gestione Rischio Clinico della Regione Toscana e dall’Agenzia Regionale di Sanità, in collaborazione con l’Università di Siena. “Proprio per il fatto che il rischio sepsi è multifattoriale, il principio ispiratore di fondo del nostro documento d’indirizzo ‘Call to Action’ è stato quello di promuovere la consapevolezza del problema in tutti i settori del Servizi Sanitari coinvolti, dai consultori all’emergenza territoriale e alla medicina di base”, dichiara Giulio Toccafondi, Referente del Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente della Regione Toscana. “Occorre poi fare in modo che, una volta identificato un caso di sepsi, le risorse del sistema sanitario operino in sinergia e in modo integrato, attraverso il concorso di più professionisti, che si ritrovino intorno al letto del paziente, superando l’abituale routine del singolo reparto.”